Tecnologia ed ambiente: un difficile rapporto

Di tecnologia sostenibile e tutela dell’ambiente si parla ormai da diversi anni. A fronte di dati sempre più allarmanti e molteplici convegni internazionali, sembra che non siano state ancora intraprese a livello globale delle serie politiche in grado di evitare gli scenari più catastrofici – innalzamento del livello del mare, esaurimento delle risorse idriche, estinzione di buona parte delle specie animali e vegetali etc.

Il post di oggi riprende l’interessante contributo di Alfred Poor che spiega come tutti i processi correlati alla produzione di prodotti d’elettronica di consumo (smartphone, tablet, server, processori, schede video e via dicendo) siano deleteri per l’ambiente.

Attività minerarie

L’elettronica moderna necessita di un quantitativo esorbitante di materiali speciali e non: si stima ad esempio che il fabbisogno annuale di oro ammonti a 325 tonnellate. Tra le altre “materie” prime indispensabili anche rame, litio (batterie), neodimio (hard disk, magneti dei sistemi audio), lantanio (lenti di fotocamere e telescopi), gadolinio (apparecchiature per scansioni a raggi X e pannelli dei televisori).

L’estrazione dei materiali comporta numerosi rischi per l’ambiente e per l’uomo: gli scavi possono compromettere l’ecosistema locale deturpando il paesaggio, avvelenando le falde acquifere e l’aria (cianuro, mercurio, elementi ad alta radioattività sono alcuni dei prodotti di “scarto” correlati alle operazioni di scavo ed estrazione).

Sebbene i Paesi più avanzati abbiano disposto delle regolamentazioni ad hoc per ridurre al minimo l’impatto della attività minerarie sull’ambiente, lo stesso non si può dire degli Stati più poveri in cui, oltre alle leggi a tutela dell’ambiente, sono assenti anche le più elementari disposizioni a salvaguardia dei lavoratori – anche se non è possibile approfondire il tema in questa sede, è il caso di ricordare che sono le multinazionali “occidentali” a sfruttare a proprio vantaggio le disastrose condizioni dei Paesi sottosviluppati (minori tutele equivalgono a costi inferiori della manodopera ed a prezzi di listino dei metalli più appetibili).

Lavorazione dei materiali

I materiali citati nel paragrafo precedente necessitano nella maggior parte dei casi di essere sottoposti a delicati processi di trasformazione, ognuno dei quali comporta un elevato dispendio di energia (ottenibile da fonti inquinanti come petrolio greggio, carbone etc.) e l’immancabile produzione di scorie: la lavorazione dell’oro necessita ad esempio di determinate sostanze acide (ovviamente nocive per l’ambiente) in grado di separare le parti “pure” dagli elementi indesiderati; la plastica, materiale impiegato in molteplici contesti, è quanto si ottiene invece dalla sintesi di agenti petrolchimici come il propilene ed etilene –  ricavati dalla lavorazione di combustibili fossili.

Creazione dei prodotti elettronici

I rischi per l’ambiente proseguono anche nella fase di assemblamento dei prodotti elettronici: le piccolissime parti che andranno a costituire la struttura interna di un tablet saranno ad esempio ricavate da un processo di rifinitura, trattamento e pulizia che produrrà materiali di scarto vari (metalli pesanti), necessiterà di ingenti quantità di acqua (circa 7-11 milioni di litri d’acqua al giorno per un microchip) e dell’impiego di solventi chimici altamente tossici. Ed anche in questo caso vale quanto detto per le attività minerarie: apposite regolamentazioni prevedono di filtrare, purificare e/o smaltire il tutto ma ciò non avviene quasi mai nelle aree in cui si concentra la quasi totalità degli stabilimenti – per lo più Cina e Paesi in via di sviluppo.

Logistica

L’ipotetica partita di microchip deve ora giungere a destinazione (clienti finali) ed il metodo di trasporto più utilizzato sarà quello via mare (container). A fronte degli indubbi progressi tecnologici dell’industria navale, gli enormi motori che muovono le imbarcazioni utilizzano un combustibile alta viscosità (bunker oil) che contiene zolfo ed è altamente nocivo per l’ambiente. Completa il tutto il packaging dei prodotti, solitamente imballaggi di plastica, ottenuti dai processi descritti in precedenza e non sempre smaltiti correttamente dopo la consegna delle merci.

Consumi energetici

I chip sono finiti in un classico desktop computer che, una volta acceso, consumerà una determinata quantità di energia:

un computer utilizza solitamente tra i 30 ed i 600 watt. Alcune applicazioni richiedono [maggiore capacità computazionale di altre]. Alcuni computer restano in stand-by. Se [si utilizzano in media 100 watt, immaginiamo allora il calore generato da 40 lampadine da 10 watt in una singola stanza. Una classica giornata lavorativa richiederebbe 32 kilowattora. Ora [immaginiamo 10 milioni di queste stanze; ciò equivale al numero di computer spediti nel 2018. L’energia totale richiesta equivarrebbe a 320 gigawattora.

Indipendentemente dalla fonte di approvvigionamento (rinnovabili, combustibili fossili, nucleare), il processo di creazione dell’energia ha un impatto non trascurabile sull’ambiente. Senza dimenticare il calore prodotto dalle apparecchiature che si disperde nell’atmosfera – tralasciando i computer, si pensi al calore prodotto dai climatizzatori nelle grandi città o dai sistemi di refrigerazione degli enormi data center di Facebook e Microsoft.

Smaltimento

I mezzi di trasporto rientrano in gioco nell’ultima fase della catena di rifornimento delle merci. Le apparecchiature elettroniche non sono infatti eterne ed ogni anno milioni di esse devono essere ritirate e smaltite. Riciclare i componenti elettronici è inoltre molto costoso ed

una significativa parte dei rifiuti [elettronici] viene spedita in Cina e Paesi in via di sviluppo dove gli standard di sicurezza ambientale sono assenti o inapplicati e personale inesperto [ed a costo quasi zero] cerca di recuperare oro ed altri materiali dalla [spazzatura]. [Queste procedure prevedono anche la combustione all’aria aperta, che può rilasciare particelle nocive, metalli pesanti ed agenti chimici tossici [compromettendo anche la salute degli stessi lavoratori]”.

In conclusione Alfred Poor consiglia di: utilizzare nel modo più efficiente possibile le apparecchiature digitali, riutilizzare e/o rigenerare quando possibile le apparecchiature IT dismesse, appoggiarsi ad adeguati servizi di riciclaggio e scegliere prodotti ad elevata efficienza energetica.

Fonti: 1, 2.