SPID: quale futuro per le identità digitali in Italia?

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Nonostante il boom di registrazioni susseguitesi negli ultimi due anni, il sistema SPID sta vivendo momenti di incertezza causati da una serie di problematiche. Questo perché al termine del 2022 sono scadute le convenzioni per tutte le aziende erogatrici del servizio e, a tutt’oggi, non è ancora chiaro se e come sarà possibile procedere per non far morire il servizio ad otto anni dalla sua primissima erogazione.

Il problema, attualmente, è che manca proprio una minima prospettiva su ciò che il governo italiano intende fare, anche dopo le dichiarazioni di alcuni esponenti che paventavano anche l’opzione di rimuoverlo puntando sulle CIE. Dal canto loro le aziende erogatrici, in primis Poste Italiane, chiedono un maggiore rientro di risorse visto che quelle attuali, ovvero un milione di euro da ripartire, sono a loro giudizio troppo basse. L’opinione di fondo è che tale cifra potesse andare bene all’inizio ma adesso che i volumi sono aumentati a vista d’occhio non è più una condizione economicamente sostenibile. Per queste ragioni è stato chiesto al governo di passare da uno a 50 milioni, sempre da ripartire in base alla quantità di SPID erogati da ogni azienda.

Un’altra necessità avanzata dagli erogatori è quella di volere essere coinvolti in tutti i progetti futuri che coinvolgeranno le identità digitali, facendo riferimento allo wallet UE che dovrà racchiudere in futuro tutte le identità dei cittadini dell’Unione. Ovviamente il punto su cui fanno leva tali aziende è quello dell’utilità indiscutibile avuta dal servizio SPID fino ad ora, decollato soprattutto nel secondo periodo pandemico, con la creazione dello strumento del green pass. Oltretutto, attualmente sempre più comuni ed enti locali, oltre ad un numero ancora basso di aziende private, hanno sempre più inserito lo SPID come sistema unico di accesso ai loro servizi online. Tornare indietro, allo stato attuale, sembrerebbe quindi più che un salto nel buio.

Soprattutto, appunto, per i numeri dello stesso servizio, che risulta attualmente tra i più utilizzati in Europa ed a tutt’ora in crescita esponenziale, visto che solo pochi mesi fa si parlava dell’inizio dell’erogazione dello SPID anche per i minorenni. Un’evenienza, questa, che aprirebbe ad un’altra grossa impennata. L’idea iniziale del sottosegretario Butti era quello di eliminare SPID e passare tutto tramite CIE, ma è chiaro che in un paese che ad oggi non ha una copertura totale di possessori di carta d’identità elettronica ma al contempo di una enorme quantità di credenziali SPID questa ipotesi potrebbe essere ridotta a poco più di una boutade. Da questa sortita si è invece passati ad un’idea più strutturata, che vedrebbe una sorta di compenetrazione di CIE e SPID in una app unica. Resta il nodo principale, ovvero capire come possa funzionare il progetto.

Quello che accadrà è strategicamente importantissimo, poiché è impossibile sostituire dall’oggi al domani un servizio di autenticazione con un altro a piattaforma unica che permuti gli oltre 30 milioni di SPID in qualcosa di diverso. Questo è vero soprattutto in base al fatto che i sistemi attuali non solo sono utilizzati in modo più che diffuso ma anche per via del buon funzionamento ormai raggiunto. Per ora, comunque, gli erogatori hanno ottenuto una deroga fino alla fine del mese di aprile 2023, un tempo abbastanza risicato per arrivare a soluzioni alternative ma che darà modo di riflettere ulteriormente sulle condizioni richieste e sulle necessità vere o presunte di cittadini e governo.

 

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