Smart Working e Telelavoro: le cifre della crescita

Durante la cosiddetta “prima ondata” dell’emergenza sanitaria ci siamo occupati delle tematiche riferite al Covid-19 e, più distintamente, di Smart Working e Telelavoro. Negli ultimi mesi, che hanno visto anche un ritorno prepotente della pandemia, sono usciti i primi risultati di vari studi riguardanti questa modalità di lavoro durante i mesi di marzo, aprile e maggio.

L’Osservatorio sulla Digital Innovation del Politecnico di Milano ha appena pubblicato uno studio iniziato nei primi mesi di lockdown generale e continuato nella seconda fase. In questo report viene mostrato l’impatto reale del Covid-19 sulle modalità di svolgimento del lavoro per grandi aziende, PMI e Pubbliche Amministrazioni. Vediamo i tratti più salienti.

Innanzitutto, nel 2019 avevano lavorato in Smart Working “soltanto” 570.000 dipendenti, un numero ovviamente dettato dalla mancanza di urgenza e necessità. A partire dal primo mese di lockdown, però, quello che si pensava essere lo scenario di un futuro non troppo prossimo si è verificato in modo brusco, facendo arrivare agli attuali 6.5 milioni di lavoratori agili. Le realtà col maggiore incremento sono state, prevedibilmente, le grandi aziende (dal 58% al 97%) e le Pubbliche Amministrazioni (dal 16% al 94%). Più modesto, invece, l’incremento nelle PMI (dal 12% al 22%).

Ovviamente questa accelerazione verso la nuova normalità ha portato con sé alcune nuove pratiche. Tra esse c’è la dotazione di nuovi strumenti adatti allo lavoro da remoto (server, hardware, sistemi cloud, ecc), la creazione di reti VPN per accedere in sicurezza ai sistemi aziendali, l’acquisto di software e servizi adatti e, in ultimo, l’incoraggiamento all’utilizzo dei device personali (approccio BYOD).

Prima del ricordo massiccio allo Smart Working, si parlava diffusamente dei suoi benefici a livello ambientale, operativo ed economico. Dopo il lockdown è possibile però aggiungere alla lista altri fattori molto interessanti.

In primo luogo, il lavoro da remoto ha fatto superare la diffidenza, presente da sempre, verso questa modalità lavorativa, mentre per moltissimi lavoratori è stato un modo per accrescere le proprie competenze digitali. Altri fattori positivi sono stati la rivisitazione del modo di lavorare all’interno di aziende e PA e, in ultimo, il miglioramento degli applicativi utilizzati.

Il report mostra poi le differenze con le misure intraprese nella fase 2 dell’epidemia, quando si è assistito ad un progressivo rientro negli uffici. Se è vero che molte aziende avevano già programmato di continuare in regime di Smart Working almeno fino ad ottobre 2020, altri hanno accelerato per il rientro. Molte volte i dipendenti sono stati distribuiti, per motivi di sicurezza, in più turni, così da evitare il sovraffollamento degli ambienti. Le motivazioni dietro al graduale ritorno negli uffici sono state molteplici, si va dalla voglia di terminare l’isolamento per tornare a socializzare fino al senso di appartenenza, mentre si nota una minor percentuale, specialmente nelle PA, di rientri imposti per poter esercitare un maggior controllo.

Ma cosa succederà dopo la tanto agognata fine dell’emergenza?

L’Osservatorio del Politecnico di Milano prova a rispondere con i dati raccolti nell’inchiesta spiegando che la maggior parte delle grandi aziende ha intenzione di aumentare le giornate di lavoro da remoto fino a quasi 3 giorni la settimana, mentre le PA potrebbero restare sul singolo giorno. Al contrario, gli enti pubblici hanno intenzione di aumentare il numero degli smart workers  in misura maggiore rispetto alle imprese, che però potrebbero aggiungere figure professionali nelle turnazioni da remoto. Per quel che riguarda il ripensamento degli orari di lavoro, una piccolissima percentuale degli intervistati ha intenzione di rivedere i piani attuali.

Oltre la metà delle grandi imprese (51%) sta ripensando però all’utilizzo degli uffici. Circa il 30% rimodellerà gli spazi, mentre una piccola parte intende rivederne le dimensioni. Esiste una grossa quota di aziende (38%) che invece darà anche in futuro delle regole diverse per l’utilizzo degli uffici senza riprogettarli. Pochissimi intervistati (11%), infine, intendono ricominciare senza alcuna modifica.

Parlando di questo ultimo punto, su questo blog spesso si è discusso sulle misure già adottate nei mesi scorsi da grandi aziende straniere, che hanno già decretato la fine del lavoro in sede. Ad esse, negli ultimi giorni, si è aggiunta Vodafone, che farà lavorare in ufficio i suoi centralinisti solamente per 5 giorni al mese, mentre tutti gli altri verranno svolti da casa. Queste misure riguarderanno l’80% dei lavoratori della nota azienda.

 

Fonti: 1, 2