L’open source (OpenStack, Linux, Xen, Docker sono alcuni illustri esponenti della categoria) ha conquistato il cloud computing. Non sorprende allora che le principali piattaforme IaaS abbiano dedicato molta attenzione, forse anche troppa, al dinamico ecosistema con l’obiettivo (nemmeno troppo velato) di ampliare le proprie quote di mercato: i loro sforzi sono stati ripagati? Lo scopriremo nell’approfondimento odierno dedicato proprio al ruolo che l’open source gioca nel settore IaaS.
E’ il caso di iniziare la panoramica dal caso più singolare, ovvero quello di Microsoft. I rapporti tra la compagnia di Redmond ed il mondo open source non sono mai stati idilliaci, basta ricordare la “celebre” dichiarazione (ormai passata alla storia) che l’allora CEO Steve Ballmer rilasciò in merito al sistema operativo Linux: ” Linux è un cancro” – l’affermazione risale al Giugno del 2001, per ricucire il rapporto con il mondo open source Microsoft ha impiegato quasi tredici anni…
La svolta “open” è arrivata dopo la nomina del nuovo CEO (ancora in carica) Satya Nadella, avvenuta nel febbraio 2014. Da allora la strada è stata tutta in discesa ed alla storica frase di Ballmer ha fatto seguito un’altrettanta frase ad effetto pronunciata nel corso di un meeting a San Francisco: “Microsoft ama Linux” (ottobre 2014). Azure, la piattaforma cloud lanciata il 1 febbraio 2010, è adesso anche la casa di Linux (le cui distribuzioni sono adoperate in un elevato numero di VM, oltre il 20%), dei CMS ed Hadoop. SQL Server, per la prima volta nella storia delle soluzioni enterprise Microsoft, giungerà addirittura su sistemi Linux nel corso del 2017. Senza dimenticare il pieno supporto a Docker, tecnologia di containerizzazione open source.
I più scettici affermano che Microsoft ha dovuto sostanzialmente arrendersi, accettare la vittoria dell’open source ed agire di conseguenza, pena ricoprire un ruolo marginale sul mercato: gli sviluppatori, da sempre utilizzatori di numerose soluzioni open source e figure chiave in ambito enterprise, sono divenuti allora uno degli obiettivi delle campagne mediatiche Microsoft. E quale migliore pubblicità del contribuire attivamente allo sviluppo di progetti open source e del donare alla community linee di codice fino a quel momento “proprietarie” (es: .NET)? I dati forniti da GitHub non lasciano dubbi, Redmond è la compagnia con il più alto numero di contributor, 16419 – Google arriva a circa 12000 (dati di settembre 2016).
Open source in casa Google…
La recente manifestazione Google Cloud Next (8-10 marzo, San Francisco) ha rimarcato l’elevato interesse di Mountain View per l’open source. Gli analisti hanno descritto la convention come un evento “bombardato” da continui messaggi indirizzati all’ecosistema open ed a tutti i soggetti/imprese che, per vari motivi, lo apprezzano: “[dichiarazioni circa l’essere dei community player, il lavorare duramente al fianco delle community esistenti o il darne vita a nuove]” osserva l’analista Fintan Ryan. In tal senso gli sforzi di Google sono encomiabili e presentano attualmente l’azienda come la “casa ideale” per tutti coloro che amano l’open source, con un appeal addirittura superiore a Microsoft ed AWS, aggiunge Ryan.
Buona parte del successo è dovuto all’idea, vincente, di rendere open source alcuni progetti chiave legati alle IA (Intelligenze Artificiali) ed al machine learning (es: TensorFlow) ma non solo: Kubernetes, soluzione per gestire container cluster di medie-grandi dimensioni, è ad esempio il tool preferito dagli utilizzatori di Docker.
…ed AWS
L’attuale leader del settore IaaS sembra poco interessato all’open source: diversi analisti “incolpano” i vertici AWS di non supportare le tante promesse e parole d’elogio con i fatti. In realtà la piattaforma di Jeff Bezos è legata a doppio filo all’ecosistema open source: vari servizi si basano su tecnologie open (MySQL, Tomcat); AWS collabora poi attivamente con le community di tutte le soluzioni impiegate nella propria piattaforma (Docker, Xen, Linux, MXnet etc.) operando quindi come Google e Microsoft ma scegliendo un approccio più defilato, sebbene tutt’altro che marginale. L’influenza di AWS sull’ecosistema open source viene anzi giudicata “significativa”.
La domanda che bisogna ora porsi è la seguente: ai potenziali clienti interessa veramente qualcosa dell’open source? In teoria si, visto che i cloud provider più noti parlano spesso di open source, ponendolo al centro delle proprie comapagne mediatiche. In pratica è il caso di riportare quanto detto dal vice presidente di SAP: “Importa veramente a qualcuno [del vincitore del premio contributor open source] fin quando [una piattaforma cloud] è scalabile, disponibile ed [offre] prezzi competitivi?”
L’editorialista di The Register rincara la dose: gli sviluppatori, sottolinea, cercano l’innovazione e vogliono che questa sia fruibile nel modo più semplice possibile ed al prezzo più conveniente. E si tratta di pretese difficilmente soddisfabili con i soli “spot open source”. AWS, l’azienda che meno pubblicizza il proprio impegno in ambito open source, attira un buon numero di sviluppatori – che sembrano trovarsi a proprio agio sulla piattaforma Amazon. Evidentemente i competitor devono rivedere le proprie strategie, suggerisce indirettamente il giornalista.
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