Raffreddamento a liquido nei data center: un trend in crescita

Dopo una breve parentesi negli anni ’80 (supercomputer Cray), le soluzioni di raffreddamento a liquido si stanno riaffacciando sul mercato, in particolare modo in ambito HPC (High Performance Computing) ed enterprise – il segmento consumer, soprattutto gaming enthusiast, si affida già da diversi anni al liquido. E’ quello che affermano alcuni esperti interpellati in materia di modalità di refrigerazione alternative all’aria, attualmente il metodo più diffuso. Come si spiega questo successo?

L’utilizzo di sistemi di dissipazione ad aria risale agli albori della modernità tecnologica, ovvero ai primi mainframe. I componenti che li costituivano non generavano certo il calore dei sistemi attuali e potevano essere gestiti in tutta tranquillità da flussi d’aria ben indirizzati.  Le stanze in cui erano sistemate le macchine avevano un pavimento rialzato con alcuni fori dai quali fuoriusciva l’aria fresca che veniva a sua volta convogliata all’interno nei cabinet. L’impiego di CRAC Unit (Computer Room Air Conditioner) ha avuto molto successo (qui sotto una variante moderna) ma si è rivelato inefficace in ambienti ad alta densità come i data center in cu si eseguono workload HPC.

Raffreddamento ad aria (CRAC Unit)

L’aria fresca arriva dalle grate sottostanti. L’aria calda viene successivamente reindirizzata verso il condizionatore.

“In ambito IT il trend è quello di incrementare la densità dei server fino al livello dei chip. Ciò significa aumentarne [la potenza ed il numero in ogni unità rack della quale si dovrà sfruttare tutto lo spazio a disposizione]. La potenza dei rack è passata così dallo standard dei 3.5 kw a 4 kw; ora la gente sta programmando regolarmente di supportare fino a 60-70 kilowatt per rack” ha affermato Geoff Lyon (CEO CooIIT). Pià potenza significa maggiore calore ed è qui che le soluzioni ad aria mostrano i propri limiti in quanto incapaci di gestire carichi termici così elevati: “storicamente il metodo più logico è quello di passare al liquido, avvalendosi delle naturali e superiori capacità d’assorbimento dei liquidi”.

Perchè si punta al liquido?

Uno dei più importanti vantaggi è stato già accennato:“se modifichi di un solo grado la temperatura dell’aria, il quantitativo di energia assorbita è esiguo rispetto alla stessa quantità d’acqua”. La capacità d’assorbimento dell’acqua è circa 3000 volte superiore, precisa Lyon.

Un secondo punto a favore è quello di rendere molto più silenziosi gli ambienti di lavoro. I processori e le schede video non necessitano di ventole, essendo raggiunti dai tubi in cui circola il liquido e dagli inserti in metallo, solitamente in rame, che facilitano il trasferimento del calore. Gli altri componenti (hard disk, RAM, schede madri etc.) possono “accontentarsi” del flusso d’aria a temperatura ambiente. La rumorosità della sale server è ben nota ai tecnici: “In questo modo le emissioni sonore [possono passare da 100 decibel a valori trascurabili] perchè [l’aria non è più necessaria]. Ciò si traduce in un ambiente di lavoro molto più confortevole per i tecnici” ha aggiunto un consulente indipendente.

 Costi e problematiche varie

I sistemi di raffreddamento a liquido non possono utilizzare della semplice acqua di rubinetto: “Non vorresti avere calcio, ossido di calcio o accumuli di ruggine. Se usi l’acqua della rete pubblica, devi aderire a restrittive norme sull’alcalinità, conduttività, durezza e contenuto di minerali. Dovrebbe essere sostanzialmente sottoposta a trattamenti“. E’ per questo che bisogna ricorrere o a costosi impianti di filtraggio/purificazione dell’acqua o all’acquisto di generose scorte di acqua distillata.

Gli studi che ricercano liquidi alternativi all’acqua procedono molto bene: il Novec 7000, creato da 3m e testato dalla Embullent Cooling, ha dimostrato di essere all’altezza dell’acqua e di scongiurare eventuali danni all’hardware in caso di perdite accidentali dell’impianto (si tratta infatti di un fluido non conduttivo).

Essendo impiegati in ambienti differenti (media/bassa densità o alta densità), le soluzioni ad aria e liquido non possono essere confrontate direttamente da un punto di vista dei prezzi. In linea di massima, osserva Geoff Lyon , il liquido è da 1 volta e mezzo a 2 volte più costoso dell’aria. Un secondo esperto (Greg Crumpton, consulente indipendente) afferma che l’esborso aggiuntivo è prossimo al 10% ma può calare sensibilmente in base all’ambiente di lavoro:

“Il liquido può costare meno [se si sa cosa fare]. Ma dipende molto dai metri quadri [della struttura]. Se mi dai mezzo milione di piedi quadri [46.000 mq] posso fare un ottimo lavoro. Ma [se si tratta di 9 mq un impianto a liquido diventa una cosa insensata]. L’infrastruttura richiesta per lo scambio di calore via liquido [opera con efficacia su larga scala]” aggiunge Greg. Dissipare 30kw da un solo rack è meglio di dissiparne 15 da due rack perchè si utilizza la metà dei tubi richiesti dagli impianti di raffreddamento.

Un ultimo scoglio da superare riguarda il timore che si verifichino inaspettate perdite di liquido e danni irreparabili ai componenti hardware:

“Tutti [i potenziali acquirenti si preoccupano per le perdite], i vendor hanno quindi sviluppato un robusto processo di produzione per assicurarsi che tutti i componenti [dell’impianto] siano a norma, testati e collaudati. […] I produttori hanno svolto un ottimo lavoro di riduzione dei rischi per l’utente finale e lo stesso si può dire per i vendor di sistemi a liquido. Ciò non significa che non si corra alcun rischio ma hanno comunque svolto un ragguardevole lavoro” conclude l’esperto.

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