La macchina di Touring, ideata nel 1930 dall’omonimo scienziato, è a tutti gli effetti l’antenato dei moderni computer i quali si affidano ancora oggi alle cifre binarie per “capire” quali operazioni e calcoli svolgere – il prototipo di Touring riceveva le istruzioni leggendo le celebri schede perforate – che replicavano i numeri (0,1).
Il quantum computing rappresenta il futuro dei calcolatori e si prospetta idealmente come un importante traguardo per la storia dell’evoluzione tecnologica umana: i computer quantici sono infatti in grado di leggere più simboli, non solo 0 ed 1 ma anche ogni punto intermedio compreso tra questi ultimi. Ciò significa che invece di eseguire un solo calcolo per volta e limitarsi a due soli simboli (0 ed 1), le nuove macchine potranno eseguire contemporaneamente milioni di operazioni, aprendo nuovi orizzonti in molteplici settori (ricerca scientifica, intelligenze artificiali etc.).
Realizzare un computer quantico non è tuttavia semplice: la fisica quantistica e l’imprevedibilità dei qubit (i bit quantici), che seguono “comportamenti” diversi dai bit 0 ed 1 interpretati degli attuali sistemi, stanno ancora mettendo a dura prova gli ingegneri e gli esperti di tutto il mondo.
Ecco perchè a distanza di quasi quarant’anni dalla prima applicazione della teoria dei quanti ai computer (ad opera di P. Benioff), non si è ancora riusciti a sviluppare dei sistemi in grado di eguagliare le capacità dei più avanzati calcolatori moderni. Sunway TaihuLight, numero #1 della TOP500 Supercomputer (dati di giugno 2017) in grado di raggiungere i 93 teraflops circa, potrebbe essere raggiunto solo da un computer da 270 qubit – in grado di assestarsi sui 90 teraflops.
“Se hai molti soldi i computer quantici sono disponibili sul mercato” ha dichiarato al portale Data Center Knowledge (DCW) un ricercatore di un’azienda specializzata in sicurezza online, networking e cloud communications.
All’atto pratico le poche compagnie in grado di portare avanti ricerche di questo genere, come IBM e Google, sono riuscite a creare sistemi compresi tra i 20 (annuncio di IBM a marzo 2017, da ricordare anche il servizio cloud Quantum Experience da 5 qubit lanciato nel 2016) e 49 qubit (annuncio di Google a giugno 2017, il sistema arriverà entro la fine dell’anno) – tra i 50 e 100 qubit si raggiungerebbe comunque la seconda posizione della Top500, occupata fino a giugno 2016 da Tianhe-2 (33,8 teraflops).
Crittografia a rischio?
Gli algoritmi di crittazione adoperati per salvaguardare dati e connessioni sono per il momento inattaccabili: secondo un professore (K. Curran) della Ulster University, per bucare le misure di protezione più avanzate occorreranno tra i 500 ed i 2000 qubit . Gli hacker dell’ultim’ora ma anche le associazioni criminali meglio organizzate resteranno fuori dal giro per molto tempo. La situazione potrebbe essere invece diversa per le agenzie governative: DCW ipotizza che in quest’ambito di ricerca, anche grazie ai fondi potenzialmente “illimitati” concessi dagli Stati, potrebbero essere avanti anche di una o due generazioni.
“[Una volta che] il quantum computing sarà finalmente realtà, diversi algoritmi […] diverrano obsoleti“ sottolinea Curran. Non bisogna comunque allarmarsi troppo. Quando i computer quantici inizieranno a diffondersi, ed i primi a poterne valutare le capacità saranno proprio i ricercatori e gli scienziati, si inizieranno a studiare nuovi algoritmi in grado di contrastare la rinnovata capacità di calcolo dei sistemi.
Per il momento chiunque gestisca informazioni sensibili ad alti livelli dovrebbe orientarsi non solo su tecniche di cifratura avanzate (crittografia simmetrica) ma anche sull’impiego di chiavi più lunghe – più alto è il numero di caratteri e numeri, più arduo è il lavoro di eventuali malintenzionati.