Perchè il mercato dei domini deve cambiare

gTLD e mercato domini

Il rilascio dei gTLD da parte dell’ICANN ha segnato l’inizio di una nuova fase per il mercato dei domini, almeno secondo i piani dell’ente. I gTLD dovevano infatti rilanciare un settore che, nonostante i buoni risultati, aveva rallentato la propria corsa rispetto al passato. Come abbiamo avuto modo di vedere i gTLD, sebbene in crescita, restano ancora lontani dai numeri e dal grado di popolarità (“awareness”) raggiunto dai TLD storici (.COM ed altri).

Come si spiegano tutto ciò gli addetti ai lavori? Le interpretazioni sono molteplici: per alcuni l’ICANN, pur disponendo delle adeguate risorse, non si è impegnata abbastanza nella promozione delle neo estensioni; per altri sono state le irrealistiche stime di Registri e Registrar ad alzare eccessivamente le aspettative sui gTLD ed a causare il contraccolpo successivo; o ancora il dito viene puntato contro gli stessi utenti, colpevoli di non aver compreso il valore delle estensioni lanciate dall’ICANN.

Quale di queste visioni si avvicina di più alla realtà dei fatti? Probabilmente nessuna, suggerisce indirettamente Stefano Cetraro (numero 1 del Registro .cloud ed autore dell’intervento che riprendiamo in questo post) che punta invece l’attenzione su un altro fatto, ovvero che in tutti questi anni non sia stata messa in discussione nemmeno per un attimo la strategia adottata dalle imprese che lavorano nel settore. E se fosse il loro approccio ad essere sbagliato?

Nuova utenza, vecchio approccio

Negli ultimi due decenni, prosegue Cetraro, l’utenza con la quale il settore ha dovuto relazionarsi è pronfondamente cambiata. I cosiddetti “techies”, quindi utenti con una solida base di conoscenze informatiche, sono stati sostituiti in buona parte da un’eterogenea schiera di potenziali clienti meno interessata a dettagli come “i gigabyte a disposizione, le caselle di posta elettronica inclusa etc.”: ora sono la celerità, semplicità e convenienza dell’intero iter a contare maggiormente (servizio ideale al giusto prezzo con una rapida messa online del portale).

E si giunge allora al nodo della questione. I provider non sono stati in grado di adeguarsi dando per scontato: che il tradizionale modello di vendita (selezione di un dominio, proposta di un pacchetto hosting ed eventuali opzioni accessorie, acquisto del servizio) fosse ancora quello giusto; che posto di fronte ad un elevato numero di opzioni, l’utente medio sarebbe stato sempre in grado di prendere la decisione migliore.

La teoria di Cetraro è invece differente: l’utente non dovrebbe essere lasciato da solo ma bensì “guidato” dal provider stesso, “istruito” sulle opzioni più convenienti per il suo caso di utilizzo. Per alcuni la soluzione del problema potrebbe essere semplicemente quella di offrire sistemi di ricerca più sofisticati, ma è veramente possibile realizzarli tenendo conto del numero di estensioni presenti/future e tutte le combinazioni possibili? Fornire dei risultati utili al cliente in base ad un paio di parole chiave digitate nella classica barra è un’impresa ardua dalla quale anche il più esperto degli ingegneri informatici non saprebbe come districarsi.

Non è la scarsa domanda a rallentare lo sviluppo del mercato gTLD, bensì l’assenza di adeguate strategie di vendita. Fin quando l’utente si troverà davanti ad un fitto menu di pacchetti, funzionalità accessorie e via dicendo non potremo certo rimproverarlo per aver scelto la “via più semplice” piuttosto della soluzione che avrebbe realmente fatto al caso suo.

Il punto di forza dei gTLD, osserva Cetraro, è quello di offrire maggiore rilevanza e “contestualizzare” in modo più efficace un brand online. E gli acquisti dei clienti hanno tutti lo stesso “scopo”, ovvero il portare a compimento un progetto prefissato. Spetta allora al provider capire quale sia questo “scopo” in modo da proporre il servizio più adatto ed “insegnare” all’utente quali potrebbero essere i vantaggi derivanti da una determinata scelta.

Il tutto dovrebbe essere infine accompagnato da un’auspicabile rivoluzione dei processi di vendita (sales flow), in grado di avvantaggiare l’individuazione dello “scopo” menzionato in precedenza. Perchè non relegare ad un secondo momento l’acquisto di un dominio e lasciare invece che il cliente  si occupi della progettazione e pubblicazione del portale? Sarà poi un’attenta analisi dei dati acquisiti dal sito a suggerire i domini più appropriati.

Gli strumenti per cambiare approccio sono già a disposizione dei provider, ora occorre elaborare il giusto metodo. Solo coloro che saranno in grado di fornire utili consigli ai potenziali acquirenti resteranno competitivi sul mercato, conclude.

 

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