Openstack: HP pensa a una propria versione

OpenStack: HP potrebbe presentarsi sul mercato con una propria distribuzione personalizzata, derivante dalla versione di sandbox interna

Un OpenStack personalizzato da HP. Non è certo una novità che esista una versione del genere e molti esperti del settore conoscono bene questa distribuzione che HP utilizza per uso interno e che viene distribuita ai clienti sotto il nome di Cloud OS.

Openstack: HP pensa ad una propria versione

Questa particolare personalizzazione viene utilizzata da Hewlett Packard come una sandbox cloud interna su cui i clienti possono sperimentare le proprie applicazioni e funziona anche sui server Project Moonshot.

Secondo alcune testate online internazionali, però, HP starebbe pensando a una distribuzione esterna di Cloud OS, per renderla disponibile al settore business come prodotto a sé stante.

Non vi è ancora in merito una decisione definitiva, ma se ciò dovesse accadere sul mercato si imporrebbe l’ennesima distribuzione OpenStack e l’obiettivo potrebbe essere quello di conquistare una larga parte di potenziali clienti, che rientrano già nel target come utilizzatori.

In pratica, HP starebbe pensando di allargare l’esperienza d’uso oltre i clienti già acquisiti, che, secondo Saar Gillai, SVP del gruppo Converged Cloud di HP, hanno apprezzato la personalizzazione al sistema apportata da HP e richiederebbero con insistenza all’azienda l’opportunità di utilizzare anche in produzione la distribuzione provata nella sandbox.

Secondo Gillai, vi sono alcune aziende di apparecchiature telco che hanno affermato di non aver mai potuto utilizzare una distribuzione OpenStack come quella proposta nella sandbox da HP, pur avendo avuto modo di provare distribuzioni importanti, promosse da alcuni vendors Linux come Red Hat, Canonical e Suse.

Openstack, con HP a livello enterprise

Secondo alcuni analisti, l’opportunità di un rilascio di una distribuzione OpenStack marchiata HP potrebbe essere il segno dell’azienda della volontà di accelerare l’adozione della piattaforma, proponendo una distro di classe enterprise pronta, piuttosto che aspettare che la community ne promuova una propria.

Infatti, per quanto il sistema abbia davvero centinaia e migliaia di collaboratori e supporter, la velocità di adozione e diffusione non è di certo entusiasmante. Infatti, anche se grandi aziende come Comcast e Bloomberg hanno implementato la piattaforma nella propria infrastruttura, OpenStack non riesce a tenere il passo con servizi più diffusi come Amazon Web Services e altri.

HP, quindi, sembra aver capito di poter trovare terreno fertile nell’ambito dell’open source e dopo aver abbracciato Android  (e non Windows) sui propri dispositivi potrebbe pensare di proporre OpenStack (e non VMware) per le proprie infrastrutture.

Il rapporto fra HP e la comunità di sviluppo è caratterizzato da quella tensione che tipicamente si instaura fra la community di un progetto open source e un grande produttore commerciale. Molto spesso la community si trova indietro rispetto ai grandi distributori perché possiede una velocità di rilascio inferiore, dovuta alle problematiche di conformità agli standard iniziali del progetto.

La paura di frammentazione dovuta al centuplicarsi delle distribuzioni è forte e, come in tutti i progetti open source, c’è sempre il terrore che un grande distributore commerciale possa prendere piede sul mercato e ergersi a guida del processo di sviluppo, seguendo anche logiche commerciali che non appartengono allo spirito del progetto originale.

D’altra parte, tutto dipende da come HP decide di proporre la propria distribuzione OpenStack sul mercato, in quanto per la comunità avere un fornitore così forte potrebbe significare un miglioramento dei cicli di rilascio e una diminuzione delle problematiche di sviluppo.