Migrazione nel cloud pubblico: l’esperienza della Matson

Matson e cloud AWS

La Matson è un’azienda nota nel settore delle logistica/spedizioni marittime che opera tra Hawaii, Cina, Pacifico del Sud e che ha deciso recentemente  di chiudere i propri 4 data center per passare alla piattaforma cloud Amazon (AWS). Il CIO Peter Weis ha raccontato “i retroscena” delle migrazione ad un inviato del portale ZDNet. Nel post di oggi riporteremo le parti salienti dell’articolo redatto dal giornalista. Buona lettura.

Peter afferma prima di tutto che la migrazione è stata possibile solo grazie al senso di leadership ed alla lungimiranza della strategia adottata una decina di anni fa – proprio quando, fatto del tutto casuale, i servizi cloud Amazon si erano appena affacciati sul mercato globale. Il CIO decise di sviluppare ed orientare la propria infrastruttura all’open source (Linux e JBoss) e ad applicazioni basate su piattaforma J2EE (Java 2 Enterprise Edition) in modo che, all’occorrenza, fossero facilmente trasportabili da una piattaforma cloud all’altra salvaguardando la Matson dal temuto vendor lock-in.

Rendere le applicazioni cloud ready ha invece richiesto diverso tempo ed un estenuante lavoro di riscrittura del codice (“It took 8 to 9 years of pain”). Sul provider al quale affidarsi, il CIO dichiara di non avere mai avuto alcun dubbio. E quando il cloud computing ha iniziato ad attirare l’attenzione dell’industria, mostrando gli indiscutibili vantaggi della tecnologia, la Matson si è ritrovata sostanzialmente in una situazione nella quale avrebbero certamente voluto essere molte altre imprese, ovvero con tutte le carte in regola per intraprendere il viaggio verso la nuvola. Nel corso della chiaccherata tra il CIO ed il giornalista sono emerse le seguenti ed interessanti considerazioni:

  • Il lock-in è  legato più all’architettura scelta che al cloud provider. Come già detto la suite di applicazioni “portable” e personalizzate si è rivelata una delle carte vincenti della strategia Matson. Il CIO ed il CEO hanno voluto sviluppare ad ogni costo  uno stack di software open: “Quando abbiamo iniziato il nostro viaggia il mercato IaaS non era ancora maturo. Non prevedevamo l’evoluzione dell’infrastruttura cloud  ma avevamo la giusta architettura e sempre una singola istanza. Quando effettuiamo un’acquisizione ci assicuriamo che i sistemi siano assimilati nella piattaforma in modo che mantenga la sua purezza. Vogliamo [preservare la purezza  del nostro stack]” ha affermato Weis.
    Cosa significa esattamente per il CIO l’aggettivo puro? Il disporre di technologie open source a 360°, dal sistema operativo sino al database ed all’application layer. “Abbiamo 150 applicazioni che possono essere eseguite ovunque.
  • La scelta di affidarsi ad un cloud provider. Weis afferma di aver da sempre diffidato dei grandi cloud provider ma nel settore in cui la Matson opera, quello della logistica in ambito marittimo, anche se di nicchia sono presenti almeno 35 vettori che attraversano gli oceani e la competizione è alta. Cosa ha convinto Weis a compiere il grande passo? Il disporre di uno stack open ha decisamente contribuito all’avvio dell’iter: “sappiamo che possiamo andarcene [quando vogliamo].  Se abbiamo bisogno di andarcene i costi [legati al cambio di provider] sono abbastanza modesti. E questi costi non aumenteranno con il passare del tempo”.Certo, il pericolo lock-in è sempre dietro l’angolo: la Matson guarda con interesse a servizi Big Data e machine learning, in grado di rendere più efficiente il business ed automatizzare varie procedure (negli ultimi tempi una delle parole d’ordine per molte aziende), ma questo potrebbe renderla troppo dipendente dai prodotti AWS. Attualmente Weis sta valutando se incrementare l’utilizzo di servizi d’alto livello (come machine learning etc.) o affidarsi a servizi Big Data di più provider (diversificazione). L’automazione è tuttavia essenziale o quasi per la Matson: “una soluzione migliore della diversificazione è quella di tenersi aggiornati sul mercato, parlare con gli altri provider e mantenere puro il proprio stack”. Attualmente l’85% delle applicazioni “mission critical” della Matson risiede nel cloud AWS.
  • La questione sicurezza. Un altro tema che preoccupa da sempre le aziende. Weis afferma  che è trascorso del tempo prima che si sentisse a suo agio con i sistemi di sicurezza AWS; nel corso del re:Invent 2015 i rappresentanti della compagnia sono stati interpellati su ogni possibile aspetto riguardante la questione: “La discussione si è incentrata [sulla necessità che i server fossero sempre al sicuro]. Devo ancora abituarmi al fatto che AWS sappia gestire in maniera più efficace di noi la sicurezza. Ricopriamo ancora il nostro ruolo”.
  • Gli attuali e futuri costi di gestione. Al momento Weis si occupa più della “velocità” che della gestione dei costi ma le priorità muteranno sicuramente in futuro. La scelta di una decina di anni fa ha consentito alla Matson di abbattere i costi di un 50%; il passaggio al cloud pubblico li ha ridotti ulteriormente di un altro 50%. “Mi aspetto di avere dei margini più stretti in futuro ma abbiamo messo da parte diversi soldi.” E con i “risparmi” la Matson ha potuto investire maggiormente sul reparto customer service e sull’automazione nei terminal di spedizione: “l’efficienza è tutto, l’analisi dati ed i Big Data [ricopriranno un ruolo chiave]”.

 

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