Non è la prima volta che si parla di libertà d’espressione e censura in relazione ad Internet. Trattandosi di uno dei media più influenti a livello globale, forse il più influente di tutti insieme alla televisione, è chiaro come sia inevitabilmente oggetto di “particolari” attenzioni da parte dei governi nazionali, soprattutto in Stati in cui l’eccessiva fluidità con cui circolano le notizie è poco tollerata.
Cina e Russia sono due dei Paesi in cui personalità importanti quali Tim Berners-Lee (indirettamente) e varie organizzazioni (direttamente, mediante appositi studi) riscontrano notevoli ingerenze da parte dei poteri forti:
Non c’è alcuna formula magica in grado di risolvere il problema della censura, [quest’ultima è quindi] qualcosa contro cui dobbiamo protestare. […] [Non applicare restrizioni] è segno di un governo forte. Si può essere forti in tanti modi. L’abilità di essere abbastanza forti da permettere alle persone di [conoscere il punto di visto delle opposizioni] è una forza particolare che spero sempre più Paesi siano in grado di trovare
ha affermato Lee in una recente intervista a Bloomberg.
L’idea di staccare la spina della Rete globale e “ripiegare” su una versione nazionale di Internet potrebbe sembrare una delle tante dichiarazioni ad effetto del Cremlino ma la verità è che la vicina/lontana Russia sta preparando già da diverso tempo un eventuale piano B. Lo scorso dicembre, ad esempio, era rimbalzata tra i portali specializzati e non la notizia circa la volontà di lanciare entro il 1 agosto 2018 un DNS alternativo (Domain Name Servers) destinato ai soli BRICS (i Paesi che hanno specifici accordi commerciali con la Federazione ovvero Brasile, India, Cina e Sud Africa) e da utilizzarsi in caso di necessità (difesa da attacchi informatici, malfunzionamenti del DNS globale).
Ad inizio mese, complice l’imminente tornata presidenziale del 18 marzo ma anche le tensioni con il Regno Unito ed alcune precedenti dichiarazioni degli USA che vedremo a breve, German Klimenko ha avuto modo di tornare sull’argomento. L’attuale consigliere di Vladimir Putin in materia di Internet ha rilasciato alcune importanti dichiarazioni all’emittente russa NTV: nel caso in cui la comunità internazionale decida, unitamente alle sanzioni già in atto, di “isolare” la Federazione da Internet, quest’ultima sarebbe pronta a gestire la situazione. Certo, prosegue, non si tratterebbe di un’operazione indolore ma è qualcosa da mettere in conto quando si passa da una tecnologia all’altra.
E gli Stati Uniti?
Come anticipato, sono state anche alcune dichiarazioni rilasciate a fine febbraio dallo statunitense David Redl (Assistant Secretary of Commerce) a non essere state particolarmente apprezzate dal Cremlino (ed ancora più ad oriente da Pechino):
In alcuni Paesi, i governi hanno risposto attuando politiche restrittive ed isolazioniste. Tra queste figurano censura, blocco [della navigazione su Internet], richieste del “diritto ad essere dimenticati” e richieste [di archiviazione dei dati in loco]. Queste misure hanno l’obiettivo di preservare la percezione che che la nostra Rete aperta e senza confini possa essere [invece addomesticata], gestita e modellata [in base alle leggi locali].
Tali azioni sono comprensibili ma deprecabili. Siamo consapevoli che i governi stanno cercando di rispondere ai seri problemi ed alle preoccupazioni dei loro cittadini. Vogliono proteggere ma allo stesso tempo “proiettare” la loro sovranità.
Le compagnie [che operano a livello globale] finiscono [tuttavia] per l’essere colpite da tali politiche conflittuali, […] e l’inevitabile risultato è che gli utenti [usufruiranno di minori benefici e/o avranno più difficoltà ad accedere alla Rete].
Sono ottimista sul fatto che i governi capiranno [infine] che mantenere una Rete aperta e preservare la circolazione dei dati è nell’interesse di tutti.
[Global Internet and Jurisdiction Conference, febbraio 2018, Canada]
In chiusura e interessante notare come le dichiarazioni di Redl, oltre a confliggere in alcuni frangenti con le recenti regolamentazioni UE (vedi GDPR), vadano addirittura contro la stessa politica adottata dagli Stati Uniti – dove il presidente Trump è quasi riuscito a smantellare la neutralità della Rete.
Nessuno dovrebbe essere in grado di avere un’influenza su quali video guardi, quali siti leggi e quali servizi usi, ma l’azione della FCC di Trump ci priverà di questa decisione, mettendo a repentaglio la libertà di parola e l’innovazione delle piccole imprese. La lotta inizia ufficialmente oggi per proteggere la connessione internet gratuita e aperta
[dichiarazione di F. Pallone, rappresentante democratico del New Jersey, uno degli Stati federati coinvolti nell’azione di contrasto alla FCC]