Come abbiamo visto nei precedenti approfondimenti, il rapporto tra alcuni Stati e la Rete, strumento associato idealmente alle democrazie “moderne” ed al libero scambio di opinioni ed informazioni, continua ad essere travagliato, soprattutto per i governi che preferiscono limitare la copertura mediatica di eventi “scomodi” o sui quali non si vuole attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e/o della comunità internazionale.
E’ quanto è avvenuto ad esempio lo scorso autunno durante una serie di animate proteste antigovernative in Inguscezia, repubblica della Federazione Russa che attraversa ormai da diversi anni un periodo di instabilità politica e sociale causato anche delle permanenti tensioni con la vicina Cecenia, altra area problematica dal punto di vista geopolitico e sulla quale non è possibile tuttavia approfondire in questa sede.
Le proteste alle quali abbiamo accennato sono nate in seguito alla stipula di un accordo (26 settembre 2018) tra Inguscezia e Cecenia incentrato sullo scambio, anche se i contestatori parlano di una cessione unilaterale a danno degli ingusci, di territori tra le due repubbliche. La questione del controllo di Internet è rientrata prepotentemente sulla scena ad ottobre quando il movimento ha pensato di organizzare tra la fine del mese ed inizio novembre una grande manifestazione a Magas: la Rete doveva servire sia ad informare i connazionali sulla situazione nella capitale che a diffondere la notizia dell’imminente raduno – in modo da richiamare il maggior numero possibile di persone.
Ciò non è stato possibile perché Mosca (accusata da alcuni osservatori di utilizzare l’Inguscezia come moneta di scambio per rafforzare i rapporti con la Cecenia) ha bloccato l’accesso ad Internet per circa due settimane, “imbavagliando” di fatto i contestatori. Come evidenziato duramente dal portale statunitense Bloomberg “rispetto alla Cina, dove il controllo della Rete è centralizzato, la Russia non ha ancora un “comodo” sistema per isolare le notizie [indesiderate], quindi ha dovuto obbligare gli operatori commerciali [attivi nell’area] a limitare uno per uno i servizi locali “.
Una nuova legge per accentrare il controllo
Il gap tra Russia e Cina, prosegue Bloomberg, potrebbe tuttavia essere colmato nel caso in cui la proposta “Internet Sovrano” venga approvata dal parlamento russo. L’idea di istituire una cabina di regia da cui “guidare”, ed all’occorrenza bloccare, il flusso di informazioni è uno dei tanti tasselli che vanno a costituire la bozza di legge appoggiata da Putin e curata da Andrei Lugovoi, veterano dei servizi segreti formatosi tra le fila del KGB e coinvolto nella vicenda Litvinenko.
Questa legge non si occupa di minacce esterne, o di bandire Facebook e Google, cose di cui la Russia potrebbe già occuparsi [senza infrangere alcuna legge nazionale].[…] Questa legge riguarda il blocco di alcune tipologie di traffico [Internet], in determinate zone, durante le agitazioni popolari
ha dichiarato Andrei Soldatov (esperto di servizi di sicurezza).
Il presidente della Russia ha però liquidato velocemente le critiche degli osservatori internazionali e dell’opposizione interna affermando che lo scopo della legge è quello di proteggere il Paese dall’ostile cyber strategia dell’amministrazione Trump, in base alla quale gli USA possono eventualmente decidere di lanciare attacchi digitali contro specifici obiettivi. L’Internet russa o Runet deve essere pronta a qualsiasi scenario, anche quello più estremo in cui gli USA isoleranno il Paese dall’Internet globale.
Secondo alcune fonti giornalistiche, Putin avrebbe detto ai rappresentanti dei principali media nazionali di ritenere altamente improbabile che gli USA possano arrivare a tanto ma che la minaccia è in ogni caso reale: “Loro [gli USA ndr] sono lì, è la loro invenzione [Internet ndr], e tutti ascoltano, vedono e leggono quello che dici. […] Maggiore è il controllo da noi [esercitato], anche nel campo digitale, meglio è” ha aggiunto Putin.