Ti ho già parlato del protocollo IPv6, della necessità di passare a questa tecnologia di comunicazione Internet per ovviare a tutta una serie di limiti dell’attuale piattaforma IPv4 (come la carenza di indirizzi univoci assegnabili ai dispositivi collegati alla Rete) e di come l’adozione di questo protocollo stia procedendo con estrema lentezza. A qualche mese di distanza, mi fa piacere tornare sull’argomento per renderti partecipe di quelle che sono le evoluzioni relative alla diffusione dell’IPv6 in Italia e nel mondo.
Parto subito con il dirti che la situazione è tutt’altro che rosea. I ritardi già accumulati dai vari paesi mondiali non sembrano essere stati recuperati e in alcuni territori come l’Italia non sembra neanche che ci sia l’interesse degli operatori a migrare le proprie infrastrutture verso il nuovo protocollo IPv6.
Ci tengo a precisare che non sono io a essere pessimista, ma i dati disponibili sono tutt’altro che confortanti.
A fare meglio il punto della situazione, con dati numerici e statistiche affidabili è il provider CDN Akamai, che presenta l’andamento del traffico IPv6 in tutti i paesi del mondo attraverso il suo report trimestrale State of The Internet .
Oltre al report in formato PDF, ancora più interessante è il sito dedicato all’adozione dell’IPv6, da cui è possibile consultare le percentuali di adozione per ogni singolo paese del mondo.
Dai dati statistici riportati, si evince che fra i paesi a più alta adozione di IPv6, quelli europei fanno da padroni, con il Belgio che si afferma primo in classifica con una percentuale di traffico pari al 30.5 percento. Segue la Germania con il 12.6 percento e il Lussemburgo in sesta posizione (9.6 percento), la Svizzera in settima (8.6 percento), la Norvegia in ottava (7.6 percento), la Repubblica Ceca in nona (7 percento) e la Romania in decima (con il 6.2 percento).
Passi da gigante hanno poi compiuto la Grecia che con il 6.1 percento guadagna l’undicesima posizione, l’Estonia che con il 5.3 percento guadagna la dodicesima posizione, il Portogallo con il 4.9 percento in quattordicesima posizione (dopo la Malesia) e la Francia con il 4.7 percento in quindicesima posizione, prima del Giappone.
I dati di adozione IPv6 più sconfortanti
Stupiscono poi le bassissime percentuali di adozione dell’Olanda e della Svezia (rispettivamente 1 e 0.9 percento) e quelle dell’UK, della Spagna e della Danimarca, attestate entrambe allo 0.1 percento.
Nel resto del mondo, non è che la situazione sia migliore: gli USA sono secondi in classifica dopo il Belgio con l’11 percento di adozione dell’IPv6, ma molto bassi e vicini a paesi che non possono di certo dirsi di pari livello dal punto di vista dell’industrializzazione, come il Perù (10.2 percento). Perde posizioni anche la Cina, che con un misero 0.3 percento si guadagna il trentacinquesimo posto nella classifica.
Viene da chiedersi in quale posizione sia l’Italia. Il BelPaese si pone al 74esimo posto, con una percentuale di adozione che è inferiore allo 0.03 percento e che in classifica viene riportata pari allo 0 percento.
Il segreto di adozione IPv6 non è difficile da spiegare: devono essere i grandi network nazionali e gli ISP a sostenerne la transizione e finché saranno le università americane ed europee a crescere in senso IPv6 in maniera maggiore rispetto ai più ricchi provider, forse l’adozione non potrà avvenire.
C’è chi sostiene che questi dati siano prematuri, ma è vero anche che a fronte delle evoluzioni che il mondo IT promette (come l’Internet delle Cose), senza investimenti IPv6 non si potrà poi andare molto lontano.
Nel frattempo, nel mondo di IPv4 il tempo stringe e forse è il caso di rimboccarsi le maniche.
Da questo punto di vista Hosting Solutions è uno dei pochi provider italiani che ha già investito sull’IPv6 e tutta l’infrastruttura è già IPV6 – ready.