
Dei tanti benefici del ricorso alla AI all’interno delle aziende ed anche per i singoli utenti del web abbiamo già molte volte discusso nell’arco dell’ultimo biennio, specialmente da quando s’è affacciato sul mercato lo strumento che ha un po’ rivoluzionato tutta la tecnologia introducendo una novità più completa ed utilizzabile di intelligenza artificiale come ChatGPT, in grado di generare testi anche complessi in modo rapido e di rispondere più in generale alle richieste fatte da chi la utilizza. Ovviamente abbiamo anche ripetuto spesso che non va preso per oro colato tutto ciò che proviene dagli strumenti di AI generativa, e ci sono anche molti casi di cronaca che lo dimostrano e che qui non verranno trattati.
Sul ricorso della aziende italiane alla AI è intervenuta nei mesi scorsi l’agenzia EY (Ernst & Young) che ha stilato un report sul tema snocciolando alcuni importanti dati e tendenze per l’anno ancora in corso. Ovviamente gli assunti di base sono che questa nuova tecnologia sta ridefinendo tutti i processi produttivi e a poco a poco sta permeando vari comparti delle grandi aziende, con personale sempre più in grado di comprenderne il funzionamento e quindi di utilizzarla. Un altro assunto di base è che questo percorso per essere effettivamente efficace deve andare sempre più avanti ed in maniera approfondita. L’Italia non fa eccezione in questo discorso, anche se parte un po’ più indietro, data la sua natura, ha già percentuali piuttosto alte di lavoratori con almeno una esperienza con l’AI, il 77%, ovvero un risultato che fa ben sperare poiché anche da noi non viene vista più come qualcosa di nicchia o di troppo specializzato.
Gli strumenti più usati sono chiaramente i generatori di testo, assistenti vocali e chatbot, ma raggiungono numeri molto alti anche le creazioni di immagini IA ed i traduttori automatici; ciò accade non solo in ambiti più classici come quelli che si occupano di digitale, ma anche nel settore manifatturiero. Per fare un confronto con l’estero, l’Italia non è all’ultimo posto tra i paesi nei quali gli utenti non usano per nulla la AI (né a lavoro né a casa) ed è fra i primi in classifica tra i paesi nei quali si usa in contesti lavorativi. Esiste però, sempre in Italia, una differenziazione di ruoli di coloro che usano gli strumenti di Intelligenza Artificiale, questo perché secondo i dati di EY sono i manager coloro che ricorrono maggiormente a queste soluzioni e coloro che la accolgono con maggior entusiasmo sono i dipendenti delle classi d’età tra i 21 ed i 35 anni, mentre gli over50 sono molto meno predisposti. Guardando al settore, sono i dipendenti di categorie afferenti alla chimica, allo sport ed alle assicurazioni ad essere maggiormente contente di questi nuovi strumenti, ma è molto possibile che ciò dipenda da fattori non legati all’età quanto ai tantissimi benefici in più, in primis la miglior gestione dei rischi.
Passando alla parte più afferente alle norme, il report spiega che le nuove normative europee come ad esempio l’AI Act siano qualcosa di positivo per le aziende italiane inserite nella survey, ma non sono succedute alcune modifiche alle solite prassi. Ci sono poi le questioni legate al rischio dell’utilizzo di AI a livello legale e per le decisioni basate su essa, cosa dimostrata dal solo 36% di aziende del nostro paese che si è dotata di strumenti di valutazione e di un quarto di esse che non ha inserito alcun regolamento sul ricorso alla AI. Il problema si pone anche a livello di ruoli aziendali, con i manager e gli altri lavoratori più alti che conoscono e definiscono le policy e le classi sottostanti che non ne sono al corrente, in parte o del tutto. Questo emerge anche dai dati raccolti, dove alla domanda riguardante il supporto e la formazione sull’uso di determinati strumenti la maggioranza degli intervistati ha detto che servirebbe più formazione o che non ne ricevono per nulla. Passando agli effetti della AI abbiamo quasi il 70% dei dipendenti che dice che questa tecnologia ha già avuto effetti sul suo lavoro, percentuale che raggiunge livelli più alti se guardiamo ai manager, mentre i lavori considerati più monotoni, come quelli legati all’automazione, sono quelli in cui si può già affiancare o sostituire le risorse in campo. Com’è intuibile, i manager sono più “contenti” della introduzione di strumenti di AI poiché i poteri decisionali non possono essere sostituiti da strumenti tecnologici così come la creazione di strategie aziendali. Sicuramente comunque le mansioni aziendali che più saranno influenzate sono quelle legate all’assistenza dei clienti, le funzioni tecniche e quelle amministrative.
Le preoccupazioni dei dipendenti di livello più “basso” sono evidenti, ma esse sono affiancate anche ad un reale interesse dei lavoratori italiani verso la formazione alla AI, per la quale in tutta Europa più della metà delle persone sta investendo anche privatamente, cosa che accade ancora di più nel nostro paese, sempre con differenza tra i ruoli ricoperti in azienda, coi manager che si aggiornano più degli altri, una tendenza che può creare una sorta di “digital divide” interno nelle aziende e quindi troppo divario di competenze. Passando ai benefici economici, molte aziende del nostro paese ed europee dicono che ne hanno avuti in termini di profitti e abbassamento degli oneri, e questo è abbastanza generalizzato, mentre il settore pubblico è ancora indietro per i più svariati motivi, non ultimi quelli di cultura del lavoro e le mancanze di fondi e di strumentazione obsoleta.
Tutti i numeri e le tendenze viste fin qui sono incoraggianti, sicuramente, ma cosa possiamo dire del futuro? Il report di EY dice che ovviamente si possono migliorare gli approcci alla AI considerando un affiancamento all’essere umano più che una sostituzione di quest’ultimo e ciò può migliorare efficienza e produttività di tutti. Per fare questo servono sicuramente quadri normativi chiari, ma anche investimenti mirati, che preparino le persone e si fondano con pratiche legate alla AI.
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