Il successo del cloud è un dato di fatto. I principali provider conseguono ogni anno importanti risultati finanziari consolidando le proprie quote di mercato. I tre big player più noti sono Amazon, Microsoft e Google, ciascuno dei quali ha una precisa idea del rapporto che si instaurerà in futuro tra cloud pubblico ed infrastrutture proprietarie. Nel post di oggi vedremo di scoprire verso quali modelli i grandi brand auspiacano che si muova l’industria IT.
Mountain View e Google Cloud Platform (GCP) si aspettano la transizione nel cloud pubblico di tutti i workload on premise e la scomparsa dei data center proprietari. Tale posizione è comprensibile se si pensa che le entrate più importanti della compagnia arrivano dalla Rete (advertising, motore di ricerca, IaaS) e che l’azienda non ha alcuna offerta destinata ad ambienti on premise. Sundar Pichai (CEO di Alphabet) afferma di aver notato recentemente un cambiamento nelle strategie aziendali: parafrasando quanto ha dichiarato agli investitori nel mese di marzo, sempre più clienti si sono rivolti allo staff GCP per progetti mission critical e migrazioni complete. I dati abbandonano i data center on premise e si spostano nella nuvola, alimentando il business Google (in rapida crescita). Come abbiamo visto in un precedente approfondimento, varie aziende “di peso” hanno scelto di affidarsi a GCP (Evernote, New York Times etc.), avvalorando teoricamente la tesi di Pichai . Ma cosa ne pensano i competitor?
Soluzioni ibride
Amazon era generalmente considerata dagli addetti ai lavori come strenua sostenitrice del cloud pubblico, del resto il business generato ogni trimestre da AWS non fa altro che aumentare esponenzialmente toccando nuovi record – nel primo trimestre 2017 la divisione cloud ha toccato i 3.66 miliardi di dollari, +42% rispetto al primo trimestre 2016. Anche vari esponenti del colosso statunitense si erano espressi in passato a favore della migrazione in massa nel cloud. Le partnership messe tuttavia sul banco da Andy Jassy (CEO AWS) negli ultimi 12 mesi hanno cambiato le carte in tavola annunciando una “variazione di rotta”.
VMware, che ha ceduto la “sfortunata” piattaforma vCloud Air ai francesi di OVH, consentirà agli utenti di utilizzare la celebre suite vSphere 6.5 tanto on premise quanto nel cloud AWS, sposando la causa delle soluzioni ibride – la vendita di vCloud Air dice indirettamente che era l’unica strada percorribile, competere con AWS ed affini era un’impresa impossibile che ha portato alla prematura chiusura di altre piattaforme come quella Verizon ed HP. Con la sua piattaforma container OpenShift, Red Hat offrirà ugualmente la possibilità di appoggiarsi contemporaneamente al privato ed al pubblici gestendo i vari servizi AWS direttamente da console.
La nuova concezione di Microsoft
Completa la nostra panoramica Microsoft che, come molti già intuiranno, si schiera ugualmente con i sostenitori del cloud ibrido. Redmond ha infatti una decennale storia alle spalle di prodotti e soluzioni software on premise che tutt’ora rappresentano un’importante fonte di guadagno. Azure Stack, la variante on premise di Azure (disponibile tuttavia solo su sistemi preassemblati da vendor autorizzati), ed SQL Server 2017, entrambi in arrivo entro la fine dell’anno, sono gli ultimi due tasselli “dell’innovativo lavoro che stiamo svolgendo e che immagino come il futuro del vero [modello di computing] distribuito, che rimarrà tale”, ha dichiarato sempre Nadella agli investitori. Se aggiungiamo al quadro generale gli ottimi risultati delle piattaforma cloud Azure, considerata da alcuni analisti come l’unica in grado di competere sul medio termine con AWS, è chiaro come la politica di Nadella sposi perfettamente la linea di pensiero del collega Andy Jassy.
Il CEO Microsoft ha spiegato chiaramente agli investitori che cosa significhi per l’azienda l’espressione infrastrutture on premise: i data center proprietari sono solo una parte dell’insieme che comprende ora anche i vari “nodi” destinati alla raccolta di dati. Sono infatti questi ultimi i protagonisti indiscussi del futuro immaginato da Redmond: l’on premise farà parte di una più estesa struttura distribuita nella quale confluiranno anche tutti i “nodi” presso i quali saranno raccolti ed elaborati i dati. Questi nodi, che si trovino tanto in un punto vendita “fisico” quanto in un sistema informatico di una “smart city”, saranno i destinatari delle risorse di calcolo messe a disposizione dai cloud provider.