Facebook sarà mai capace di comprendere le sfumature del linguaggio naturale e il modo di pensare dell’uomo? Certo che si! Ecco come…
Facebook non si accontenta più dei data center, delle quotazioni in borsa e dei milioni di utenti. Non vuole più solo sapere cosa pensiamo e cosa ci piace, ma vuole comprendere ogni singola parola di quanto scriviamo sulle sue pagine. Vuole interpretare un semplice “eureka”, come un insolito “da sballo”, così come un “mi fa piacere” o un termine più da slang metropolitano come “sciallo” e via discorrendo.
Il social network vuole sviluppare una sua valenza sociale, una sua cultura e comprendere così gli stati d’animo che scaturiscono da ogni nuance del linguaggio. Facebook vuole dunque pensare come un uomo e comprendere cosa gli uomini dicono.
Per quanto queste mire possano sembrare assurde, è in realtà in questo senso che si sta muovendo il lavoro di un folto gruppo di ingegneri dell’azienda di Zuckerberg, che, da gennaio, hanno iniziato a lavorare su una serie di algoritmi appartenenti al settore del deep learning e delle analisi sentimentali.
Lo studio di questi due settori ha lo scopo di avvicinare le macchine alle modalità di pensiero dell’uomo, per comprenderne il linguaggio e gli atteggiamenti.
E in questo ambito di ricerca, Facebook non è sola. Google, Bing e il motore cinese Baidu hanno gruppi di ricercatori che continuano ad affinare gli algoritmi per migliorare la ricerca e il riconoscimento vocale. La stessa BigG, inseguita da Microsoft, sta lavorando a strumenti capaci di tradurre in tempo reale il linguaggio parlato e scritto senza necessità di interpreti e con la massima precisione possibile, permettendo alle macchine di comprendere le flessioni, i contesti e le emozioni della conversazione.
In questo stesso settore risultano attive anche IBM e Apple, proprio per l’importanza della sfida. Facebook non è da meno. Insieme a Google e Microsoft può contare su un servizio gratuito che raduna milioni e milioni di utenti, le cui espressioni quotidiane possono essere utilizzate sia per testare nuove soluzioni di deep learning sia come dati di allenamento per infrastrutture come le reti neurali.
Facebook all’opera con le reti neurali
Le reti neurali sono sistemi software e hardware a multilivello, capaci di mimare il comportamento del cervello umano per permettere alle macchine, come i server di Facebook, di reagire alle informazioni che immagazzinano, dopo una loro corretta analisi basata anche sul contesto da cui le informazioni stesse derivano.
Non si tratta dunque di fantascienza, ma di una reale possibilità di sviluppo futuro delle piattaforme che conosciamo oggi. Facebook potrebbe, ad esempio, possedere una tecnologia capace di comprendere al meglio come interagiscono i singoli utenti e queste informazioni potrebbero essere utilizzate non solo per migliorare l’esperienza utente, ma anche a fini pubblicitari, con lo scopo, ad esempio, di mantenere la fedeltà a un brand, utilizzando delle rappresentazioni astratte dei dati reali digitati dagli utenti.
Secondo Oleg Rogynskyy, CEO di Semantria, una società di analisi testuale computerizzata: “Gli esseri umani si differenziano per il modo in cui parlano e l’utilizzo del linguaggio dipende molto dal livello di educazione e dall’ambiente culturale in cui si trovano a crescere e operare. Le macchine devono ancora imparare queste sfumature, poiché in questo momento, nessun server è in grado di carpire le differenze di linguaggio, proprio perché alle macchine manca la comprensione del contesto culturale. Questa è la sfida del mondo dei computer per i prossimi 10-15 anni.”
Una sfida a cui Facebook non vuole certo sottrarsi.