E-commerce: i dati italiani dell’Osservatorio Netcomm

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Ritorniamo sull’argomento E-Commerce e lo facciamo parlando di una conferenza tenutasi nella cornice milanese del Netcomm Forum, una fiera che annualmente porta migliaia di persone a Milano per scoprire tutte le novità del commercio online. Come abbiamo visto anche recentemente analizzando in breve il report diffuso dalla Casaleggio Associati, è ormai diverso tempo che i numeri relativi ai siti e-commerce, così come l’indotto da essi raggiunto, sta arrivando a cifre sempre più elevate e risultati molto positivi, ma grazie agli ultimi aggiornamenti dati dagli interventi alla conferenza alla quale facciamo riferimento sarà possibile tracciare un quadro ancora più ampio a riguardo.

Il comunicato diffuso dall’Osservatorio Netcomm, che fa sempre capo al Politecnico di Milano, inizia dando l’attuale prospettiva di crescita degli acquisti tramite e-commerce per il 2025, che arriverà ad un +6% ed il superamento della soglia dei 62 miliardi di Euro. Guardando indietro al 2024 stanno crescendo parecchio i servizi, che segnano un +8% e portano 22 miliardi di indotto, mentre sale sempre del 6% anche la vendita di prodotti con 40 miliardi di incassi. Ci sono poi i settori di maggior peso, ovvero il cibo ed i prodotti per la bellezza, che rispetto agli altri hanno una crescita più importante (+7% circa) e si posizionano appena sopra settori come abbigliamento, elettronica, arredamento e informatica, che salgono di percentuali tra il 5 ed il 6%. Attualmente, nella bilancia degli acquisti in rete ed in negozi fisici, le vendite online pesano in Italia per l’11%, un dato in crescita rispetto allo scorso anno, ma di pochissimo.

Le principali preoccupazioni attuali ovviamente sono quelle dettate dalle più recenti notizie economiche e geopolitiche, vista l’incertezza creatasi dall’inizio della cosiddetta “guerra dei dazi” iniziata dagli Stati Uniti sotto la gestione di Trump. Tuttavia Netcomm spiega come la tendenza al rialzo dell’e-commerce b2c italiano sia ormai costante ed arrivata alle cifre sopracitate. C’è però un problema all’uscita dai confini nazionali delle nostre aziende, che faticano ad internazionalizzarsi anche a causa di mancanza di piani definiti e di carenza di strumenti tecnologici adatti alla competizione in un contesto più ampio. Congiuntamente alla situazione internazionale già spiegata in breve, è chiaro come aumenti anche la sensazione di incertezza, quindi è importante che, se c’è la volontà di competere, ci sia anche una certa voglia di prepararsi e di essere competenti non solo in ambito tecnico.

Sebbene i numeri sulla crescita siano sempre positivi ma meno altisonanti rispetto al passato, si spiega nel comunicato, questo non significa che il settore retail online italiano sia rimasto fermo, tutt’altro. Molti venditori hanno introdotto sempre più innovazioni per migliorare i processi e la tecnologia, che a loro volta si riflettono in valutazioni positive degli utenti. Quindi se prima la strategia era quella di vendere “ad ogni costo” e basta, adesso si cerca di dare all’utente un’esperienza migliore e quindi un servizio a tutto tondo che va dalla visita al checkout dell’ordine. Ad ogni modo, i dati mostrano che i portali italiani per la vendita di prodotti e servizi sono aumentati in un anno del 3,4% arrivando a quota 91.000 aziende, tra le quali stanno crescendo molto le società cosiddette di capitali. A livello territoriale, la maggior parte delle aziende che si sono date all’e-commerce si trovano in Lombardia, Campania e Lazio ed ovviamente i loro capoluoghi come centri principali, mentre le PMI sono quelle principalmente presenti con una buona presenza di quelle anche con più dipendenti. I settori più attivi sono ovviamente quelli del retail e quello dei servizi e, tra essi, hanno buone performances le industrie delle bevande, gli editori ed i prodotti alimentari. Sta aumentando sempre di più anche il livello di digitalizzazione, vista anche la già citata importanza dell’uscita dai propri mercati di riferimento e l’apertura verso quelli esteri, con un aumento della presenza sui social ed un dato, quello sulla cosiddetta Digital Attitude, che attualmente sembra coprire il 67% delle aziende testate. Detto questo, però, sono solo poco più del 50% quelle che hanno già definito la suddetta strategia di internazionalizzazione.

Dalle indagini utilizzate per il report risulta che siano ben 32 milioni gli italiani che effettuano acquisti in rete, un dato che fa denotare un aumento di 1,5 milioni di utenti rispetto al 2024. Parlando di ciò che precede l’esperienza stessa dell’acquisto, si fa notare il fatto che prima della sottoscrizione l’utente italiano consulta almeno 4 cosiddetti touchpoint, ovvero “punti di contatto” tra loro ed il prodotto o servizio. In primis vengono quindi consultati i siti ufficiali e le loro parti e-commerce, scelti il 50% ed il 44% delle volte, mentre hanno anche un grande peso degli strumenti esterni come i motori di ricerca, usati dal 55% delle persone, le recensioni (anche indipendenti) nel 50% dei casi e i già citati comparatori di prezzi, utilizzati dal 40% degli intervistati. Una percentuale piuttosto bassa, per l’enorme utilizzo che se ne fa quotidianamente, è quella raggiunta dai social, che arrivano poco sotto il 30% e sono in un gruppo di inseguitori insieme anche ai negozi fisici. Terminando con le tecnologie utilizzate maggiormente, sembra che la AI e i chatbot vengano preferiti quando l’oggetto di interesse è del settore dell’elettronica o dell’editoria, mentre si tende ad andare sui canali fisici quando si tratta, ovviamente, di generi alimentari. Questo ragionamento si può chiaramente intuire autonomamente, poiché è chiaro come a seconda di ciò che deve comprare il cliente utilizzerà il canale più adatto e vantaggioso.

L’ultima parte del comunicato fa un piccolo focus sui pagamenti effettuati sui portali e-commerce dagli utenti italiani, per i quali l’83% delle aziende presenti offre soluzioni plurime, come carte di credito ed il sistema PayPal ma anche quelli che rateizzano le cifre per poter pagare un poco alla volta, come Klarna. C’è da dire che questa evenienza si verifica solo nell’11% dei casi, poiché il resto del campione paga sempre al checkout dell’ordine, e lo fa utilizzando principalmente portafogli digitali, carte di credito e conti prepagati all’interno dei siti. Stanno calando invece sempre di più i pagamenti in contanti effettuati nel momento in cui si riceve la merce a casa, utilizzati dall’1% del campione, così come i pagamenti mediante bonifico che fa una percentuale solo pari al 2%, ma chiaramente per importi molto più alti. La richiesta degli utenti, in merito a queste procedure, è che ci sia ovviamente sicurezza per i loro dati finanziari e per i pagamenti stessi, così come per la molteplicità di scelte e flessibilità.

 

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