Disaster Recovery nei data center del futuro

I data center sono una delle colonne portanti della modernità tecnologica, come già detto in altri post, perchè ospitano al loro interno la strumentazione ed il software in grado di mettere a disposizione servizi, applicazioni e la stessa connessione internet.

Nel corso dei decenni l’idea di data center, come inevitabilmente accade a qualsiasi altro “concetto” tecnologico, si è riadattata più volte alle esigenze ed ai progressi dell’industria: negli anni ’40 e ’50 del secolo scorso era sinonimo di enormi mainframe e stanze affollate da schede perforate; successivamente il mainframe ha lasciato spazio a file interminabili di rack server, in ognuna delle quali erano ospitate varie applicazioni; la virtualizzazione ha poi “svuotato” gli edifici diminuendo il numero di server presenti nei data center che, con l’avvento del cloud, hanno visto diminuire ulteriormente il loro parco macchine.

Le operazioni di backup/ripristino ed i piani di disaster recovery, legati a doppio filo alle infrastrutture, si sono ugualmente trasformati: dalla strategia “classica” – che prevede un sito di appoggio (proprietario o “affittato” in colocation), una “copia” del data center principale sulla quale fare affidamento nel caso di imprevisti/guasti etc. – si è passati alle principali piattaforme cloud pubbliche – naturalmente non si tratta del modello dominante ma la percentuale è alta. La manutenzione o il pagamento di un canone (se colocation) di/per un data center utilizzato saltuariamente e lasciato per la maggior parte del tempo “in standby” rappresenta infatti una spesa gravosa che il modello di outsourcing proposto dal cloud è in grado di alleggerire notevolmente.

“Abbiamo spostato il backup ed il disaster recovery (DR) nel cloud ed ora siamo intenzionati a spostarvi ancora più funzioni. [Stiamo andando incontro ad un futuro] nel quale [la maggior parte delle compagnie farà affidamento al cloud e ci saranno pochi “veri” data center]” afferma un rappresentante di TruePosition interpellato da Data Center Knownledge.

Trend attuali e scenari futuri

Secondo gli esperti i vantaggi offerti dal cloud stanno spingendo sempre più aziende verso la nuvola: la possibilità di appoggiarsi a veri piani cloud disaster recovery e framework business continuity è una prospettiva allettante che fino ad alcuni anni fa non era gestibile dalla maggior parte dei data center.

“Il data center del futuro sarà incentrato sull’efficienza e la scalabilità, disporrà di [collegamenti agli indici dei contenuti] in modo che tu possa recuperare i tuoi dati [e disporre di svariate opzioni failover all’interno ed all’esterno del data center]. In particolar modo [ora che il cloud ha acquisito rilevanza], l’idea di compagnie che dispongono di infrastrutture proprietarie e delle quali sono finanziariamente responsabili sta diventando sempre più obsoleta osserva Robert Amatruda di Dell Software.

Naturalmente non tutte le aziende sono pronte o compatibili con il modello “cloud only”. Gli investimenti indirizzati a sofisticata strumentazione on premise non possono essere sacrificati “sull’altare” del cloud. E’ per questo che sul mercato sono disponibili anche soluzioni in grado di fungere da collegamento tra architetture delle scorse generazioni (legacy) ed architetture ibride.

“Invece di assicurarsi che i dati siano recuperabili, molte organizzazioni si preoccupano di avere delle architetture “always-on”, nelle quali la resilienza è [caratteristica intrinseca dell’architettura]” aggiunge Amatruda.

Confine aleatorio

Con la diffusione di strumenti e soluzioni in grado di agire senza soluzione di continuità tra on premise e cloud, il futuro dei piani disaster recovery e della business continuity è destinato ad andare oltre la classica concezione di primary site e recovery site. L’attenzione sarà più sullo spostamento di workload da un sito all’altro in base alle necessità del caso (resilienza, picchi di domanda improvvisi etc.): “questi siti possono ossere proprietari, in un cloud privato […] o in colocation, [quel che importa] è la possibilità di trasferire dinamicamente i dati da uno all’altro, su richiesta, preservando la disponibilità generale (always-on availability)” aggiunge una rappresentante NetApp.

Le infrastrutture cloud saranno incorporate nell’architettura, offrendo maggiori possibilità per disaster recovery e business continuity, basti pensare ad esempio all’impiego di nuove tecniche di riduzione come la deduplicazione, la compressione, gli snapshot differenziali etc.

Amatruda afferma che queste tecnologie, applicate in ambito disaster recovery/backup, consentiranno di ridurre lo spazio occupato dai dati di quasi 30 volte. I data center del futuro avranno quindi meno dati ridondanti, il che li renderà in generale più scalabili, indipendentemente dalla loro “natura” (fisica o cloud).

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