L’Unione Europea ha diffuso l’annuale indice della digitalizzazione di economia e società DESI (Digital Economy and Society Index) nel quale ha messo a confronto l’avanzamento tecnologico e delle competenze nei vari stati membri. La situazione, nonostante le forti spinte date dal periodo di lockdown dovuto al Covid-19 e la spinta verso soluzioni di Smart Working, è ancora molto nebulosa per il nostro paese, che risulta essere uno dei fanalini di coda di questa particolare classifica.
Guardando direttamente al report, su 28 stati membri, l’Italia risulta essere al 25° posto seguito solo da Romania, Grecia e Bulgaria. Tra l’altro, la posizione attuale risulta essere addirittura inferiore a quella registrata nel 2019, quando il nostro paese era al 24° posto.
La misurazione dell’indice viene fatta osservando cinque fattori fondamentali visibili in legenda:
- la qualità delle connessioni
- la digitalizzazione dei servizi pubblici
- l’utilizzo della rete da parte dei cittadini
- la competenza digitale (chiamata “capitale umano”)
- uso di tecnologie digitali nelle aziende
Guardando alla media europea, equivalente ad un punteggio di circa 52, la situazione del nostro paese è caratterizzata da una certa arretratezza, arrivando ad un indice di appena 43,6, un divario di nove punti. La distanza poi diventa abissale se si guarda ai paesi che sono primi in classifica come la Finlandia, la Svezia, la Danimarca e l’Olanda, che hanno punteggi che superano di gran lunga il 60 arrivando, nel caso della Finlandia, a superare addirittura 70.
Il fattore che preoccupa maggiormente è quello del Capitale Umano, ovvero la quantità di persone con competenze in ambito digitale, che se scorporato da tutti gli altri fattori relega l’Italia in fondo alla classifica e con una differenza abissale dagli altri paesi in vari ambiti.
Come si vede nella tabella fornita dalla UE, gli incrementi annuali dal punto di vista delle competenze digitali sono minimi in ogni tipo di indicatore. Dalle competenze di base al numero di specializzati e laureati nelle TLC la distanza con la media europea è molto ampia e sicuramente questo sarà un punto sul quale concentrarsi con forza negli anni a seguire.
Questa mancanza di competenza si riflette poi su un altro degli indicatori, ovvero quello dell’uso che si fa di internet. In questo caso salta subito all’occhio la grande percentuale di persone che non hanno mai navigato in rete (17%). A differenza di ciò che si potrebbe pensare, però, esistono grosse distanze anche per quel che riguarda l’utilizzo di tecnologie ormai all’ordine del giorno come servizi streaming, home banking ed e-commerce. Lo shopping online, ad esempio, viene usato in UE in media dal 71% dei cittadini, mentre nel nostro paese non si arriva al 50% nonostante gli incrementi degli ultimi anni e durante il lockdown.
Passando ai punti un po’ meno dolenti, sebbene il livello dell‘uso della tecnologia nelle aziende non sia ancora in linea con la media europea è utile considerare che in alcuni ambiti l’Italia, grazie anche all’introduzione della Fatturazione Elettronica, è riuscita a collocarsi in una buona posizione. Il dato riguardante lo scambio di informazioni elettroniche è addirittura più alto del livello medio UE, mentre non si può dire lo stesso di molti altri ambiti.
L’utilizzo aziendale dei Social Media infatti risulta ancora molto ridotto così come il ricorso alle vendite online da parte delle imprese. Anche il ricorso a soluzioni Cloud ed ai Big Data è molto indietro rispetto agli altri paesi della comunità europea, che comunque fa osservare valori medi abbastanza ridotti.
Un altro fattore importante è quello della digitalizzazione dei servizi pubblici, nella quale l’Italia ha una posizione un po’ più alta rispetto a quelle viste in precedenza (diciannovesima). In questo caso, è importante osservare come su completezza dei servizi pubblici online, servizi per imprese e Open Data il nostro paese supera abbondantemente la media UE, segno che dal lato dell’implementazione pubblica gli sforzi ci sono stati. Ciò che manca e che divide molto dagli altri paesi è un buon livello di interazione online dei cittadini con il settore pubblico. Un esempio è il numero di clienti e-government, ovvero coloro che hanno l’obbligo di presentare moduli online, il cui dato è addirittura risultato in forte calo tra il 2018 ed il 2019.
L’ultimo degli indicatori dell’indice DESI è quello della connettività, che nel nostro paese è una sorta di fiore all’occhiello essendo anche l’unico a raggiungere i livelli medi UE. Il merito di questo risultato è dato però solo da alcuni indicatori come la preparazione al 5G, i prezzi per la banda larga, la copertura del 4G e quella della banda ultraveloce. Altri fattori come la diffusione della banda larga fissa e mobile, tuttavia, restano molto indietro rispetto alla media.
Per riassumere tutte queste voci e la loro distanza dai valori mediani è utile vedere il grafico presentato nel report DESI riferito all’Italia diffuso dall’Unione Europea. Nella stessa immagine è disponibile anche una curva di crescita del nostro paese confrontato con quella dell’intera comunità europea.
Alla luce di questi dati e della situazione degli ultimi mesi è opportuno, sia per il settore pubblico che per l’aziende, una riflessione sulla strategicità e sull’importanza di un’accelerazione verso il digitale. In vari articoli di questo blog è stato sottolineato come talune soluzioni siano più alla portata di quanto non si pensi, ma soprattutto è stato posto l’accento sulla loro importanza in termini di produttività in caso di emergenze come quella vissuta in tutta Europa a partire da marzo.
Fonte: 1 (al link è possibile scaricare la relazione sul DESI italiano)