Digitalizzazione dei documenti: il data center del Vaticano.

Il portale Data Center Knowledge (DCW) ha dedicato un articolo all’infrastruttura che il Vaticano ha allestito per supportare la digitalizzazione di un patrimonio culturale dal valore inestimabile. Vediamo quali sono le parti più interessanti del contributo.

La digitalizzazione dei “libri” conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana è iniziata nel 2012 e prevede la scansione di oltre 42 milioni di pagine, un obiettivo ambizioso che consentirà a studiosi (e non solo) di tutto il mondo di consultare tomi altrimenti inaccessibili (o quasi) per via dei complessi iter burocratici e/o delle precarie condizioni dei reperti stessi – fragilità dei materiali. L’anno successivo è nata invece la Digita Vaticana Onlus, Associazione senza scopo di lucro alla quale è stato assegnato il compito di promuovere l’importante progetto.

La biblioteca custodisce almeno 80.000 manoscritti, 9000 incunaboli (noti anche come quattrocentine e stampati con la tecnica dei caratteri mobili), migliaia di cinquecentine e seicentine; 150.000 stampe ma anche matrici, disegni e bozzetti di personaggi illustri come Michelangelo e Galileo, fino ad arrivare ad una serie di libri provenienti direttamente dalla collezione personale di Napoleone Bonaparte.

Considerando l’importanza dei materiali acquisiti nel corso dei secoli, la Biblioteca fu infatti fondata da Niccolò V nel 1452, è chiaro come il processo di digitalizzazione sia estremamente delicato ed eseguibile unicamente da personale qualificato dotato delle migliori strumentazioni presenti sul mercato.

Scansione, archiviazione ed infrastruttura

Prima di essere sottoposto a scansione, ogni volume deve seguire un rigido iter pre-intervento, nel dettaglio: due mesi di trattamento chimico per la preservazione delle pagine, un  mese di conservazione e restauro, un mese per la “cattura”  (grazie a scanner realizzati dall’azienda Metis e che permettono di acquisire le pagine senza aprire completamente i tomi, manovra abbastanza rischiosa). A questo punto le pagine sono smistate in base alla qualità dei file elaborati dai macchinari:

  • le versioni ad alta risoluzione, si stima 1.7GB per pagina, sono salvate in pellicole speciali ed inviate in una struttura sotterranea situata in Norvegia;
  • le versioni a “bassa risoluzione” sono invece allocate in due sistemi di storage locali, il primo è un DELL-EMC Isilon NAS (4 petabyte di spazio) mentre il secondo è un ECS (elastic compute storage) object storage da 5 petabyte.

L’intera infrastruttura, che si suddivide in due data center (DC), è stata commissionata alla Panduit, la quale aveva già esperienza in materia di DC costruiti all’interno di edifici storici. In particolare modo il DC costruito nel seminterrato del Cortile del Belvedere ha richiesto un accurato intervento da parte dei tecnici. L’edificio, rinnovato nel 2007, disponeva già di una strumentazione di partenza ma quest’ultima era inadeguata a supportare un progetto di ampio respiro come quello della digitalizzazione dei manoscritti:

“La refrigerazione ed il monitoraggio [dei consumi] all’interno di edifici storici richiede competenze speciali e la Panduit aveva già installato dei sistemi in alcuni edifici [risalenti al XIV secolo] dell’Università di Pisa” si legge nell’articolo di DCW. Il manager della compagnia, Gian Piero De Martino, ha affermato che il DC nel seminterrato, 1/4 circa di quello principale da circa 40 cabinet, è indubbiamente un progetto ad alta densità che ha richiesto l’applicazione di mirate soluzioni ingegneristiche:

[l’utilizzo di un corridoio-caldo di contenimento [unitamente alla] separazione dell’aria calda/fredda all’interno dei cabinet (distanziati tra loro per incrementare il flusso d’aria)], ha consentito di risparmiare un 30% di energia rispetto al sistema precedente. […] I gateway SmartZone semplificano l’architettura di rete, il monitoraggio e la gestione dell’energia distribuita tra le unità rack  ed i sensori ambientali su singolo indirizzo IP. I cabinet sono protetti da lettori di smart card. Il Vaticano dispone di una propria rete elettrica ed utilizza quella di Roma come backup. Per failover, il DC utilizza sistemi UPS realizzati dal fornitore italiano Borri.

Fonti: 1, 2