Data center: il problema delle risorse idriche

I data center sono infrastrutture di dimensioni variabili all’interno delle quali sono ospitati numerosi server. E come avviene, in scala ridotta, per un classico computer di casa, il loro utilizzo necessita tanto dell’impiego di energia quanto dell’utilizzo di adeguate soluzioni per mantenerne la temperatura d’esercizio a livelli ottimali. Se per la macchina sotto la nostra scrivania non occorrono complessi setup (quanti non hanno mai aperto il case utilizzando le ventole in dotazione), per stanze e stanze di rack server la questione è differente.

La soluzione utilizzata più di frequente dai cloud provider è quella di ricorrere a sistemi di refrigerazione i quali, prevedibilmente, necessitano di elevate quantità d’acqua ed energia elettrica per funzionare 24 ore su 24. Come abbiamo visto in un precedente approfondimento, già sul finire del primo decennio le soluzioni di efficientamento energetico hanno consentito di ridurre drasticamente “le bollette”; per quanto riguarda invece le risorse idriche non si è trovata ancora una soluzione.

In un’area come la California, storico e dinamico centro IT statunitense, la problematica si appresta a diventare unauna vera e propria emergenza. Lo stato si trova ormai per il quinto anno consecutivo in deficit e l’intero sistema di approvvigionamento idrico non potrà reggere a lungo.

Infrastrutture ecosostenibili

800 è il numero di data center presenti sul territorio che ospita le sedi di Google, Apple, Twitter e molte altre aziende illustri. Da maggio 2016 il governatore della California ha ad esempio esteso all’intero stato restrittive normative sull’impiego dell’acqua.Gli analisti sostengono che l’iniziativa non avrà tanto graduali ripercussioni sulle compagnie che si appoggiano ad infrastrutture IT quanto un effetto immediato e dirompente non appena il sistema giungerà al collasso.

Non sorprende assistere quindi “alla conversione” di un sempre maggior numero di investitori e compagnie alla filosofia dell’ecosostenibilità e dell’utilizzo consapevole delle risorse idriche. Il settore sta cercando semplicemente di scongiurare il rischio giocando d’anticipo. Cosa hanno dichiarato a riguardo alcune importanti aziende dell’industria interpellate da Data Center Knowledge?

Facebook, per mezzo di Bill Weihl (director of sustainability), afferma di avvalersi di impianti ibridi (aria ed acqua): a fronte di un aumento del quantitativo totale di acqua utilizzata (836 milioni di litri di cui il 70% destinato ai soli data center), le strutture richiedono risorse inferiori del 50% rispetto ai comuni data center. In Oregon la situazione è invece più delicata: nell’area ad est delle Cascade Mountains il clima è tendenzialmente più secco rispetto alla parte ovest del Paese, ciò si traduce in una costante competizione tra tutti i soggetti che necessitano di acqua (aziende agricole, popolazione locale etc.). Al momento si sta puntando molto sulla cattura e riutilizzo dell’acqua piovana, grazie alla quale sono stati risparmiati circa 1 milione di litri d’acqua, e ad un intervento di ottimizzazione delle rete del vicino centro abitato (Prineville) per ridurre le perdite e riutilizzare le acque grigie dagli edifici.

eBay e Google non hanno fornito invece alcuna risposta precisa al giornalista: per il noto sito di aste online si apprende solo da internet (report sulla sostenibilità) che il consumo d’acqua è aumentato del 14% a Salt Lake City e diminuito del 3% a Phoenix; Mountain View ha solo dichiarato di studiare il migliore design ecosostenibile possibile per ogni location.

Un problema da affrontare

Sebbene non si tratti di soluzioni definitive, i cloud e data center provider hanno già iniziato ad appoggiarsi a fonti d’energia green ed a costruire data center in location strategiche – ricche di risorse idriche o situate in aree caratterizzate da rigide temperature (come in Norvegia ed Islanda dove l’aria gelata viene incanalata nelle strutture).

Le emissioni prodotte dalle infrastrutture rappresentano poi lo 0.2% delle emissioni globali di diossido di carbonio, un valore che può sembrare forse trascurabile ma che per gli addetti ai lavori ha un importante significato: la rilevanza delle questioni inerenti le infrastrutture ed il loro impatto ambientale è destinata a crescere nell’arco dei prossimi anni, tanto negli USA quanto nel resto del mondo, concordano gli esperti.