Il mondo dei data center è in continua evoluzione. Come già spiegato in moltissimi articoli di questo blog, negli anni più recenti si è spesso discusso di come farli diventare più green mantenendo un occhio di riguardo per l’operatività e, soprattutto, sull’aggiornamento necessario delle tecnologie al loro interno.
Uno dei fattori più importanti, da questo punto di vista, è la continuità di servizio, detta Uptime. Essa consiste nel tempo annuale, calcolato in percentuale, in cui i servizi restano attivi. Va da sé l’importanza, per un Service Provider, di avere una percentuale molto alta, anche in virtù della fiducia riposta dai clienti.
Per valutare questi aspetti, l’Uptime Institute ha creato una classificazione ad-hoc per i data center suddivisa in livelli TIER che vanno dall’I al IV. I criteri che vengono valutati sono, come detto, la continuità ed il livello di ridondanza degli apparati.
Tier I
A questo livello, la continuità di servizio annua arriva al 99,67%, questo si traduce in un massimo di 28 ore circa di downtime. Gli apparati, in questo caso, non sono ridondati.
Tier II
La continuità di servizio è del 99,75% con 22 ore circa di disservizio all’anno e bassa ridondanza riguardante solo il raffreddamento e l’alimentazione.
Tier III
La continuità in questo caso arriva al 99,982% ed il downtime annuo è di 1,6 ore. Viene utilizzato dalle grandi aziende, che hanno implementato data center con sistemi multicanale di alimentazione e raffreddamento. Grazie ad essi, riescono a garantire una fault tolerance pari a N+1. Ciò significa che in caso di malfunzionamento di un apparato ne è disponibile uno suppletivo. Questo fa sì che si riesca a sostenere anche la mancanza prolungata di energia di un apparato anche di 72 ore.
Tier IV
Il livello di uptime, in questo ultimo caso, è massimo: 99,995%. Questa continuità garantisce un massimo di disservizio annuo pari a soli 25 minuti, ciò è reso possibile da un sistema totalmente ridondato che consiste in più sistemi indipendenti tra loro (fault tolerance pari a 2N+1), quindi separati a livello fisico per alimentazione, raffreddamento e trasmissione dei dati. In questo caso lo spegnimento di uno degli apparati è tollerato anche fino a 96 ore.
Per quel che riguarda la certificazione Tier IV, quindi, è necessario approfondire alcuni aspetti per comprenderne meglio il significato e le cose da tenere a mente in fase di progettazione.
Come già detto, i fattori da considerare sono principalmente due: alimentazione e raffreddamento.
Alimentazione
Come detto, la corrente elettrica del data center dovrà arrivare da due diversi percorsi indipendenti tra loro. Questo significa che a fianco della normale alimentazione della centrale elettrica vengono affiancati due diversi gruppi elettrogeni. Le sale quadri saranno quindi doppie e con esse i gruppi di continuità, chiamati UPS, che dovranno essere posizionati in sale diverse. Ogni alimentatore dovrà essere in grado, però, di dare energia in modo autonomo a tutta la struttura.
Raffreddamento
Allo stesso modo, il raffreddamento dovrà essere garantito da 2 chiller, ovvero impianti di climatizzazione specializzati proprio per i data center. Ognuno di essi avrà una potenza tale da poter garantire il mantenimento della temperatura ideale in totale autonomia, e come per l’energia elettrica, devono essere posizionati in luoghi diversi e seguire percorsi energetici indipendenti.
Grazie a questi accorgimenti, il Service Provider sarà in grado di ottenere la certificazione Tier IV dando ancora più garanzie ai propri clienti ed a tutti coloro che allocheranno le loro risorse computazionali all’interno della server farm.