Come rendere più affidabili le percentuali di bounce rate – 1

La frequenza di rimbalzo (bounce rate) è un utile indicatore per valutare l’efficacia dei contenuti di un sito. Miglioriamone l’accuratezza.

Bounce rate (frequenza di rimbalzo)

La frequenza di rimbalzo (bounce rate) è uno dei valori che solitamente si vanno a consultare per determinare lo stato di salute di un portale. Come riporta la sintetica definizione di Google:

“La frequenza di rimbalzo è la percentuale di sessioni di una sola pagina (ovvero le sessioni in cui gli utenti abbandonano il sito dalla pagina da cui sono entrati, senza interagirvi)”

A questo proposito esistono due scuole di pensiero sul tema: la prima reputa elevate percentuali di “rimbalzo” come un segnale positivo. L’utente ritiene esauriente il contenuto della pagina visualizzata e non necessita di effettuare ulteriori ricerche.

La seconda considera invece allarmanti valori troppo alti in quanto indicatori di una qualità dei contenuti insufficiente: l’utente, trovando poco utili le informazioni visualizzate, abbandona il sito.

Un approccio differente

Quando un utente raggiunge una qualsiasi pagina del nostro sito, Google Analytics o piattaforme di raccolta dati equivalenti iniziano a monitorare vari parametri. Mettiamo il caso che l’utente stia cercando la descrizione dettagliata di un prodotto e trovi immediatamente l’informazione desiderata, abbandonando poco dopo il portale.

Affidandosi alle rilevazioni standard, il webmaster non verrebbe mai a conoscenza dell’esperienza positiva dell’utente perchè la sessione finirebbe inevitabilmente nella categoria “bounce”.

Comprendere il grado di conivolgimento del visitatore ed il suo apprezzamento o meno per un qualsiasi post del blog risulterebbe ugualmente impossibile: se pur l’utente leggesse da cima a fondo il nostro post, restandone entusiasta ma chiudendo successivamente la navigazione, ciò non figurerebbe in Analytics.

A fronte di quanto detto e considerando che le sessioni etichettate in tale categoria non rientrano ad esempio nel calcolo di durata media delle sessioni, è lecito domandarsi in che modo vadano effettivamente interpretati i valori registrati.

Una soluzione pratica è quella che vede semplicemente la creazione in Analytics di un determinato evento (da attivare dopo un lasso di tempo stabilito dall’utente) che consenta di smistare al meglio la tipologia di sessioni registrate. Analytics relegherà alla categoria “bounce” gli utenti che abbandoneranno la pagina prima del limite di tempo impostato.

Nella prossima puntata vedremo la differenza tra i valori registrati con il metodo classico e quello alternativo mostrando infine come implementarlo in Analytics.