Cloud: opportunità ed ipotetiche promesse

Cloud computing - fonte Forbes

Da alcuni anni il mercato del cloud computing ha ormai compiuto il grande salto di qualità ed i provider più noti possono vantare miliardi di dollari di rendite annuali. Sebbene i vantaggi della tecnologia siano innumerevoli, ne abbiamo anche parlato nella pagina ufficiale dei servizi cloud Hosting Solutions, alcuni settori dell’industria mostrano ancora una certa diffidenza nei suoi confronti. Elasticità, scalabilità e risparmio rispetto ad una infrastruttura on premise sembrano non essere sufficienti a smuovere gli ambienti più conservatori.

Il portale the Next Platform ha cercato di ragionare su alcune convinzioni comuni/qualità pubblicizzate per capire se queste ultime siano effettivamente garantite dalla nuvola, come predicato dai cloud provider, o siano sostanzialmente delle false promesse.

“E’ nel cloud”

Espressione di utilizzo comune con la quale si indica generalmente l’indefinito spazio virtuale rappresentato dal cloud, un luogo magico e sempre accessibile, esordisce l’editorialista. Un primo errore è quello di dare per scontato che “il cloud” sia un singolo ed ininterrotto spazio. Se ci si ferma un attimo a pensare cosa sia il cloud e cosa effettivamente implichi il suo utilizzo, diverse aziende iniziano a domandarsi molte cose come ad esempio: chi si occuperà di garantire l’accessibilità dei file? Chi garantirà la disponibilità delle applicazioni o l’integrità dei dati – questi ultimi, nel caso in cui fossero rischiesti tra 6 anni, sarebbero ancora gli stessi che abbiamo caricato in precedenza? In riferimento al settore enterprise, grazie all’SLA, è comunque più facile mettere a fuoco i diversi problemi, evitando la diffusa abitudine di semplificare il tutto affidandosi alla parola “cloud”. Chiedete a voi stessi, aggiunge, se siete pronti a sentirvi dire “Cosa significa che non possiamo accedere ai dati? Pensavo fossero nel cloud!”.

“Si paga solo quel che si utilizza”

L’elasticità è un altro punto a favore del cloud. Il cliente paga esclusivamente quello che consuma: in caso di picchi di traffico improvvisi, le risorse di un’istanza cloud sono rapidamente riadattate alle esigenze per poi tornare ai livelli predefiniti, semplice. Chi va a pagare tuttavia la capacità inutilizzata e quindi non remunerativa per il provider? Secondo l’editorialista sono gli stessi clienti che, in pratica, si ritrovano in bolletta dei surplus da pagare. Questo secondo punto può esser considerato plausibile ma solo in alcune circostanze:  alcuni provider applicano delle maggiorazioni una volta superato il “periodo di benvenuto” ma non si tratta sicuramente delle norma  – i listini di Hosting Solutions hanno un tariffario fisso; altri hanno trovato invece il modo di utilizzare la capacità computazionale a riposo come nel caso di Google che l’ha trasformata in istanze a basso costo (preemtible).

“Il cloud è meno costoso delle infrastrutture private”

Terzo vantaggio che si fonda in parte sul punto precedente (pagamento delle risorse utilizzate) ed in parte sulla capacità dei provider di gestire infrastrutture IT in modo più efficiente rispetto ad una singola impresa –  grazie alle economie di scala. Anche in questo la veridicità dell’affermazione varia in base al caso di utilizzo: una nota compagnia che rende disponibili contenuti via streaming, Netflix, ha ad esempio scelto di spostare il 100% della propria infrastruttura nel cloud; Drobox ha invece preferito abbandonare il cloud pubblico optando per un’infrastruttura proprietaria.

In conclusione?

Il cloud è ormai un apprezzato strumento grazie al quale è possibile supportare e migliorare le attività aziendali, è per questo che difficilmente scomparirà dalla scena IT dei prossimi decenni. Non bisogna però commettere l’errore di pensare al cloud come “panacea” di ogni male e/o rimpiazzo perfetto di soluzioni on premise: queste ultime, così come la nuvola, rimarranno sempre presenti nel panorama IT, anche se in modo diverso dal solito – avremo degli ambienti ibridi.

Utilizzare con successo il cloud non significa quindi spostare il 100% dei propri workload nella nuvola, pensando che si tratti della soluzione migliore disponibile, bensì capire quale cloud adottare, quando, dove e per quali workload.