Di data center senza personale specializzato (o quasi) si era parlato in un precedente post del blog. Tra le problematiche riguardanti l’affermazione del cosiddetto modello “lights out” anche la riduzione dei posti di lavoro: affidare la gestione di un’infrastruttura ad un mix di servizi DMaaS, DCIM, IA, machine learning, bracci robotici significa all’atto pratico rimpiazzare gli addetti ai lavori.
“In futuro ci saranno data center senza personale?” si concludeva sottolineando l’effettiva mancanza di studi dedicati proprio al riassorbimento della forza lavoro, sebbene accennasse ad un possibile impiego nella manutenzione delle postazioni destinate alla raccolta di dati (edge computing). A tal proposito può essere allora interessante analizzare il contributo pubblicato da Grant Gross sul portale Data Center Knowledge (DCW) ed intitolato “Is the Cloud Killing Data Center Jobs?”
Il personale IT è una specie a rischio? La prima volta che l’industria si pose tale domanda fu nel 2005, osserva l’editorialista, anno in cui Capital One (banca da attualmente 25 mld di dollari in fatturato) tagliò 170 posti di lavoro affidando le data center operation ad IBM. Non sono ovviamente mancati dei casi più recenti come ad esempio quello di Zynga (compagnia specializzata nel settore del mobile gaming) che, in seguito alla migrazione nella piattaforma AWS, lasciò senza impiego circa 360 lavoratori.
Che il “personale tecnico” sia divenuto una pedina sacrificabile dell’ecosistema IT è un’idea abbastanza diffusa tra gli esperti rafforzata non solo da un discreto campionario di vicende come quelle menzionate in apertura ma anche da alcuni trend ormai presenti da alcuni anni sulla scena – come il consolidamento dei data center e l’annessa migrazione nel cloud. Con consolidamento (consolidation), è bene ricordarlo, si indica in sintesi la chiusura dei data center on premise e l’accentramento delle operazioni eseguitevi un tempo nelle infrastrutture dei cloud provider.
Nuove competenze
In realtà, afferma il CTO di un noto portale di annunci di lavoro IT statunitense (Klavs Miller), ci sarà sempre bisogno di tecnici per i data center. Quel che cambierà sarà l’ambito in cui questi ultimi opereranno: chi avrà lavorato fino a quel momento in un data center on premise potrà benissimo “reinventarsi” passando ad una delle sempre più numerose infrastrutture dei cloud provider – previo adeguato aggiornamento delle proprie competenze, argomento del quale parleremo a breve.
Altri verranno impiegati da una delle tante aziende che si appresta a migrare buona parte dei propri workload nel cloud, operazione delicata e complessa che necessita di personale altamente specializzato. Il fatto che la percentuale di amministratori di rete disoccupati sia pari all’1.1% (in riferimento agli Stati Uniti) dimostra quanto tali figure professionali siano richieste ed estremamente difficili da reperire sul mercato – la media nazionale dei disoccupati è al 4.4%.
Il segreto per non restare ai margini del mercato del lavoro, aggiunge Miller, sarà ovviamente quello di ampliare e/o consolidare il curriculum: le vecchie figure dei data center si evolveranno in qualcosa di nuovo come specialisti dell’hardware o ingegneri DevOps, per citarne alcune. Una delle parole chiave più ricorrenti è versatilità, l’essere in grado di svolgere più ruoli chiave contemporaneamente:
“per professionisti IT e tecnici dei data center, la specializzazione in paradigmi tecnologici correlati al cloud [unitamente ad un’ampia conoscenza delle sue numerose sfaccettature] si rivelerà cruciale per il loro successo. [Se vogliono restare sul mercato del lavoro, coloro che] attualmente operano o opereranno in ambienti IT ibridi – praticamente tutti – dovranno sviluppare nuove competenze” afferma un altro esperto interpellato da DCN.
La transizione verso il cloud, a differenza di altre passate rivoluzioni, sta tuttavia avvenendo ad una velocità notevole, osserva Klavs Miller, il che aggiunge un’ulteriore complicazione al processo di ampliamento del curriculum: la necessità di dover apprendere e mantenere allo stesso tempo il passo delle nuove tecnologie. Le migliori aziende, conclude Miller, si riveleranno quelle in grado di rivalorizzare il proprio staff: “ci saranno alcune mansioni che [in relazione alla migrazione nel cloud si riveleranno ridondanti ma, nella maggior parte dei casi, i ruoli si trasformeranno in base all’evoluzione delle tecnologie, e i professionisti saranno pronti ad essere riformati professionalmente]”.
Diverse competenze maturate nei data center on premise sono “trasferibili” nel cloud, aggiunge un altro esperto: “se la tua azienda utilizza i server Microsoft Azure, i tecnici che hanno esperienza lavorativa con similari prodotti on premise, come Windows Server, [disporranno grazie ad un adeguato training ed alla volontà di apprendere delle competenze trasferibili necessarie ad eseguire le task richieste, ed è questo il caso che mi aspetto di vedere più di frequente per il personale dei data center]”.
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