Cloud: perché la sua adozione necessita di una maggiore “sensibilità culturale”

Cloud computing

“L’adozione del cloud pubblico come cultura”, è questo il titolo dell’intervista tratta da un “podcast” HPE (Hewlett Packard) di cui riproponiamo in traduzione alcuni dei passaggi più significativi.

La tesi sostenuta dall’intervistato, l’analista Edwin Yuen, è che la mancanza di skill cloud e fallimenti vari a livello infrastrutturale, sebbene rappresentino indubbiamente un ostacolo alla diffusione della tecnologia, non hanno lo stesso peso del reale problema dietro alla diffusa cloud inertia in ambito aziendale, ovvero un certo atteggiamento culturale di dirigenti ed addetti ai lavori nei confronti della nuvola.

[Edwin, spiegaci perché le imprese si sono ritrovate culturalmente impreparate all’adozione del cloud pubblico].

[La nostra azienda ha scoperto che l’utilizzo del cloud è molto significativo – oltre l’80% utilizza qualche sorta di servizio cloud pubblico. È una percentuale molto alta per il settore IAAS e PAAS. Ma in questo caso il nodo centrale è “Qual è il ruolo dell’IT (Information Tecnology ndr)]?”

Abbiamo visto numerosi business ed utenti finali affidarsi a pratiche di shadow IT [utilizzo di soluzioni IT non ufficialmente approvate ndr] […]. Ciò accresce in realtà le frizioni tra l’IT e l’azienda stessa. E induce le persone a rapportarsi con il cloud prima che siano effettivamente pronte a farlo, prima che ci sia stata un’adeguata valutazione – da un punto di vista tecnico, dei costi o anche di semplice convenienza.

[Anche se in un’organizzazione è possibile ottenere grandi cose con il cloud, a meno che quest’ultima non sia orientata a seguire determinate strategie è probabile che tutti i benefici della nuvola vadano persi].

[Quando la linea di impresa [line of business] o altri gruppi non lavorano insieme all’IT, nel momento del passaggio al cloud pubblico, essi possono comunque ottenere alcuni benefici – ma non sono in grado di ottenerne il 100%. È come passare da uno smartphone di 7-8 anni fa al quinto o sesto miglior dispositivo sul mercato.

È un miglioramento significativo ma non è il modo ottimale di gestire il tutto. […] La domanda è “stai ottenendo il massimo dal cloud computing?”. L’ideale sarebbe massimizzare tutto quello che c’è di buono nel cloud e minimizzare inconvenienti e costi. La pianificazione è assolutamente cruciale in tutto questo e coinvolge inevitabilmente l’IT.

Come si arriva allora ad un nuovo atteggiamento culturale che dica “Si, stiamo andando nel cloud pubblico. Non proveremo a fermarti. Non siamo eccessivamente pessimisti. Quel che stiamo cercando di ottenere è ottimizzare il cloud per tutti in modo che, come compagnia, sia possibile trarne il massimo dei benefici – e non dei benefici incrementali derivanti dal solo immediato passaggio al cloud”.

[L’IT deve assumere un differente ruolo e posizionare l’azienda sui giusti binari in materia di consumo dei servizi cloud, compliance e sicurezza. Mi sembra poi che il procurement sia ormai maturo anche nelle aziende. L’IT dovrebbe farsi avanti anche lì. […] C’è qualche opportunità di gestire meglio il consumo dei servizi cloud via procuring ed affidandosi a tutti i controlli, bilanci e pratiche consigliate del caso? – come avviene per altri servizi non cloud.

[Assolutamente si, questa è un’osservazione eccellente. […] “Saltando nel cloud” molte imprese con cui abbiamo parlato si aspettavano importanti risparmi ma hanno ottenuto invece un incremento dei costi, perché una volta che hai a disposizione quel modello di consumo, le persone non fanno altro che consumare.

E questo genera una certa variabilità nei costi di consumo, una variabilità nei costi del cloud. Diverse compagnie si accorgono molto in fretta di non avere dei budget variabili – hanno infatti dei budget fissi. Devono quindi pensare a come utilizzare il cloud ed i costi di consumo per un anno intero. Non si può semplicemente ottenere flessibilità grazie al cloud ed accorgersi, magari a metà del terzo o quarto trimestre, di aver sforato il limite di budget annuale previsto.

[Passare ad un modello cloud forza inevitabilmente un cambiamento generale dei comportamenti a qualsiasi livello. L’IT deve ad esempio iniziare a pensare basandosi anche sul procurement. E quest’ultimo necessita di essere più tecnico e consapevole sul come acquisire ed utilizzare i servizi cloud. Tutto questo diventa complesso. Ci sono migliaia se non decine di migliaia di differenti servizi acquisibili da uno qualsiasi dei principali cloud provider. Ovviamente anche la linea di impresa deve pensare in modo differente a come utilizzare e consumare i servizi cloud e coordinarsi con gli sviluppatori. È tutto abbastanza complesso.

Cerchiamo di individuare dove si trova questa barriera culturale. È tra la vecchia e la nuova IT? È tra la linea di impresa e l’IT? Tra gli sviluppatori e le operation? Tra tutti i soggetti citati? Quanto è marcata questa barriera culturale?]

[…] Quel che abbiamo visto è che, fino ad ora, i ruoli all’interno delle imprese sono stati sempre “monolitici”. Gli utenti finali erano i consumatori, l’IT centrale era il provider e la finanza era gestita tramite l’amministrazione e le acquisizioni. Ora, quel che stiamo vedendo è che tutti necessitano di lavorare insieme e disporre di un piano generale. C’è bisogno di un nuovo livello di comunicazione tra questi gruppi […]

Il tutto è simile alla gestione di un ristorante. In passato avevamo un commensale, ovvero l’utente finale, che diceva “Voglio questo piatto”. E lo chef rispondeva “Preparerò questo piatto”. Il gestore diceva invece “Quel piatto deve costare quel tanto”. Nessuno di loro ha parlato con uno degli altri ed ha agito da solo […]

La chiave per migliorare l’adozione del cloud è l’apertura delle linee di comunicazione, il superamento delle barriere e l’ottenimento di un superiore livello di consapevolezza. Tornando all’esempio del ristorante, lo chef dice “Bene, posso aggiungere questi ingredienti ma questo potrebbe modificare il sapore ed incrementare il costo del piatto”.

Ed allora i gestori del budget dicono “Bene, se cuciniamo dei cibi migliori ci saranno più persone che li mangeranno”; o “Se abbassiamo i prezzi, avremo maggiori economie di scala”; o “Se alziamo i prezzi ridurremo il volume dei commensali”. È tutta una questione di equilibrio – e si tratta di una discussione aperta tra le tre parti che costituiscono l’organizzazione stessa.

[Che cosa dovrebbero cambiare le imprese in modo da riconoscere le opportunità della nuvola ma non finire “fuori strada” in termini di problematiche correlate all’atteggiamento culturale ed all’adozione della tecnologia stessa]?

La prima cosa da fare è iniziare a sviluppare ed a parlare di un approccio d’avvicinamento al cloud misurato e sostenibile. Riunitevi e discutetene, e non abbiate paura di avere quella discussione, indipendentemente dal fatto che siate pronti al cloud o necessitiate di diminuirne l’impiego. […]

In tutta onestà le imprese hanno bisogno di fare il punto della situazione. È sorprendente come numerose compagnie non siano a conoscenza di quanti servizi cloud utilizzano, così come chi non è ancora approdato nel cloud non sappia di cosa ha realmente bisogno. […]

Il problema più grande che abbiamo ora è quello di compagnie che provano a fare più cose contemporaneamente, procedendo senza avere pianificato le mosse future. Potrebbero potenzialmente procedere senza essere consapevoli di quello di cui già dispongono, e ciò porta inevitabilmente ad inefficienze e conflitti culturali, ed a quel gap di competenze di cui si è parlato in precedenza.

Fonte: 1 (trascrizione completa dell’intervista in inglese)