Dieci giorni fa è stato rilasciato il “Cisco Global Cloud Index:Forecast and Methodology, 2015–2020”, report che cerca di prevedere le dinamiche del traffico data center e cloud a livello globale. In questo post riporteremo alcuni stralci della dettagliata ricerca di 30 pagine ad iniziare dalle infrastrutture.
Le unità di misura utilizzate nello studio sono l’exabyte (EB) e lo zettabyte (ZB), rispettivamente 1 trilione di byte (1018 ) ed 1 triliardo di byte (1021) – il più noto gigabyte equivale a “solo” 1 miliardo di byte.
Tenendo a mente quanto appena detto, per la fine del 2020 Cisco si aspetta 15.3 ZB di traffico (1.3 ZB al mese) sviluppato da IP riconducibili a data center con un tasso annuo di crescita composto (CAGR in inglese) del 27% tra il 2015 ed il 2020. 14.1 ZB saranno generati esclusivamente da data center cloud.
Nel 2020, il 92% dei workload saranno processati nei cloud data center. Per facilitare le proiezioni, ogni workload è stato equiparato ad una macchina virtuale o ad un container. Questi ultimi sono indicati come uno dei fattori determinanti dietro all’aumento di workload ospitati per server.
Diretta conseguenza dell’aumento di traffico e percentuale di workload presenti nei data center cloud, è la crescita esponenziale delle infrastrutture più grandi dette hyperscale data center (da 259 a 485), dei “super data center” costruiti per supportare varie piattaforme. Tra gli hyperscale operator rientrano note aziende come Amazon, Rackspace, Google, Microsoft, SAP, Facebook, Yahoo, Apple, Alibaba, eBay. E’ interessante ricordare che solo 7 dei 24 hyperscale operator hanno sede al di fuori dei confini statunitensi.
Cloud pubblico vs cloud privato
Il report afferma che il cloud pubblico è in vantaggio rispetto al cloud privato: il CAGR dei workload pubblici si attesterà intorno al 35% mentre quello dei privati al 26%. Come mostra anche il grafico, il 2016 segna ufficialmente il sorpasso del cloud pubblico ai danni del privato (56% di workload contro 44%).
Le imprese sono molto sensibili al tema dei costi ed il cloud pubblico assicura ampi margini di risparmio tagliando ad esempio le spese legate alla manutenzione/aggiornamento della strumentazione on premise. Cresce inoltre la fiducia delle imprese nei confronti del cloud pubblico che viene ritenuto più sicuro rispetto al passato – in generale uno dei principali ostacoli all’adozione della tecnologia.
Numerosi workload mission critical continuano e continueranno ad essere gestiti direttamente dalle imprese ma il trend appare chiaro. Ed il cloud ibrido? Non sono presenti tabelle dedicate ma nel report si menziona l’utilizzo di soluzioni ibride da parte di diverse aziende: con cloud bursting si definisce la pratica di gestire on premise i workload ordinari affidandosi all’occorrenza (improvvisi picchi di traffico) a cloud provider.
IaaS, PaaS e SaaS a confronto
In base alla tabella saranno i servizi SaaS a consolidare la percentuale di deploy ottenendo un CAGR del 30% e quasi 9 punti percentuali di share tra il 2015 ed il 2020. In seconda posizione troviamo invece IaaS (17% CAGR) che perde specularmente 9 punti. Chiude il gruppo PaaS che arretra di un punto percentuale ma ottiene il secondo CAGR più elevato (24%). I motivi dietro all’affermazione del SaaS sono presto detti: la fiducia delle imprese nei confronti delle piattaforme cloud pubbliche è aumentata e sempre più workload, anche i cosiddetti “mission critical”, quindi di primaria importanza per l’azienda, migrano online.
Se quindi nel primo periodo “di vita” del cloud l’IaaS era il deploy più diffuso nel cloud privato (era una tecnologia nuova e che si conosceva poco, on premise risultava quindi più facilmente controllabile) ed il SaaS nel cloud pubblico (principalmente del settore consumer), la situazione sembra ora mutare come mostra la seguente tabella:
Analisi dei workload
La prima tabella fotografa la distribuzione dei workload tra settore consumer ed enterprise: entro la fine del 2020 le aziende perderanno un 7% di share a favore degli “utenti privati”.
Vediamo ora di scoprire cosa rappresentano esattamente questi workload:
Interessante notare i workload predominanti in ambito consumer, in ordine di importanza streaming video, social networking, ricerche online, altre applicazioni. I dati rispecchiano perfettamente i trend del momento, dal boom dei social network fino a quello dei contenuti multimediali fruiti via streaming (film, musica) alla base dell’incredibile successo di portali come Netflix e Spotify.
Storage: quando lo spazio non basta mai
In chiusura diamo uno sguardo all’andamento dello storage, lo spazio di archiviazione destinato ad accogliere tanto i dati delle imprese che quelli dei clienti – i vari servizi di archiviazione nel cloud offerti dalle aziende si sprecano (iCloud, Google, Samsung, WD Digital etc.). Osserviamo prima di tutto l’andamento generale:
Tra il 2015 ed il 2020 si assisterà alla quintuplicazione dei valori registrati all’inizio del periodo di osservazione (382 EB nel 2015 ; 1842 EB nel 2020). L’88% dello spazio d’archiviazione sarà destinato al cloud anche per via del crescente numero di utenti che utilizzeranno la nuvola come spazio d’archiviazione personale per varie tipologie di dati (foto, musica, documenti etc.):
Per tutti coloro che fossero interessanti ad approfondire ulteriormente l’argomento, è possibile consultare direttamente l’intero report Cisco in formato pdf.