Capacità di reagire ad offensive Hacker: Italia ancora indietro

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Come sappiamo, la sicurezza informatica è da diversi anni ai primissimi posti tra le preoccupazioni di tutti coloro che devono gestire enti, aziende e tutto ciò che deve essere protetto nella propria vita privata, come dati, accessi e quant’altro. Ciò accade anche a seguito di un aumento esponenziale anno dopo anno delle minacce riscontrate e della loro efficacia e violenza, cosa che le rende ancora più difficili da contrastare. Sebbene tutto ciò costituisca sicuramente un costo importante, prendere precauzioni non è impossibile ma è anche necessario aver bene in mente quale sia la reale percezione delle minacce.

In uno studio effettuato da Kyndryl su scala mondiale è stato osservato il livello della cosiddetta “readiness”, vale a dire la prontezza rispetto alle minacce delle aziende carpita dalle impressioni dei dirigenti. Per dare un dato iniziale, il 90% delle figure dirigenziali di tutto il mondo che sono state intervistate è convinta che la propria infrastruttura IT sia la migliore possibile, ma in seconda battuta si scopre che solo il 39% di essi è convinto che il suo comparto IT sia in grado di gestire i rischi futuri. Questi numeri, che sembrano anche essere particolarmente alti su scala mondiale, crollano vertiginosamente quando si tratta di vedere ciò che pensa la classe dirigente del nostro paese, nel quale solo il 20% dei decisori si sente tranquillo ad affrontare le minacce esterne ed il 23% è pronto a fronteggiare potenziali attacchi.

Il nostro paese in questa particolare statistica sulla prontezza fa pari solo con il Giappone, ma è tra le ultime in graduatoria, mentre ai primissimi posti ci sono Brasile ed India praticamente a pari percentuale. Restando tra i paesi a noi più vicini sono Lussemburgo ed Olanda i due stati europei maggiormente pronti. Spostando il focus invece sui settori produttivi, quelli che si sentono maggiormente coperti dai rischi sono quelli della sanità, finanza e banche, mentre quelli con minori sicurezze e prontezza sarebbero i facenti parte del settore manifatturiero. In grossa parte del mondo poi c’è una certa tranquillità per quel che concerne la modernizzazione delle infrastrutture, poiché per quasi 3/4 degli intervistati siamo ai passi iniziali, il 56% dice di trovarsi in fase avanzata mentre per il 15% tale transizione sta appena cominciando.

Un altro punto critico è quello che Kyndryl chiama Talent Gap, ovvero la mancanza di risorse IT capaci e dei cosiddetti “talenti” lavorativi in grado di fronteggiare questa emergenza di competenze. Anche questa particolare fattispecie di preoccupazione non è uguale in tutti i paesi, ma in Italia appare sotto al 30% e dimostra nuovamente l’enorme mancanza di figure lavorative capaci di fronteggiare la richiesta. C’è poi una grossa preoccupazione a livello globale riguardante l’AI, questo perché il 71% dei manager del mondo intervistati da Kyndryl dicono di non essere ancora pronti a fronteggiare i rischi correlati ad essa. Oltretutto, come viene ripetuto da tempo, negli ultimi anni sono aumentati vistosamente gli investimenti fatti per questo genere di tecnologia, tuttavia meno della metà degli intervistati dice di aver avuto reali benefici, mentre una quota ben più grande ha paura di tutte le potenziali problematiche ad essa associate come la perdita di dati, la sicurezza e, al solito, la fallacia di figure professionali ad hoc. Focalizzandoci brevemente sull’Italia, anche riguardo all’AI il paese è ancora abbastanza indietro anche a livello normativo rispetto agli altri paesi finiti nella lente della ricerca. Questa è una tendenza che dovrà, per forza di cose, essere rovesciata, anche perché per l’Italia uno dei migliori boost alle innovazioni è sempre provenuto dal miglioramento e dalla modernizzazione delle norme.

 

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