Lo scorso 3 febbraio 2018 il termine open source ha festeggiato il 20° anniversario dalla nascita. In occasione dell’importante traguardo Christine Peterson, ideatrice della definizione software open source, ha deciso di raccontare per la prima volta la propria versione dei fatti circa la serie di eventi che la portarono a coniare un vocabolo entrato ormai nella storia dell’informatica. Il post di oggi riporterà in traduzione diverse parti dell’intervento pubblicato sul portale Opensource.com, buona lettura.
In cerca della corretta definizione
L’introduzione dell’espressione software open source fu un chiaro tentativo [di rendere maggiormente comprensibile tale campo d’interessi a neofiti ed aziende, obiettivo considerato necessario per l’ampliamento ad una più vasta community di utenti]. Il problema con la definizione precedente, free software, non risiedeva nella connotazione politica, bensì – per i neofiti – nel fatto [che richiamasse categorie di natura economica, il prezzo. Era necessario un termine che focalizzasse l’attenzione sul termine chiave del codice sorgente e che non confondesse i neofiti]. Il primo termine pensato al momento giusto e che rispose a tali necessità fu […] open source.
Nella seconda metà del 1997 si tenevano degli incontri settimanali al Foresight Institute per discutere di [tematiche inerenti la sicurezza dei computer]. […] Avevamo identificato il free software come promettente approccio per migliorare la sicurezza ed affidabilità del software e stavamo pensando a delle possibili soluzioni per promuoverlo. […] [Durante questa serie di incontri] si parlò della necessità di un nuovo termine [che non creasse confusione nei destinatari del messaggio]. L’argomentazione era la seguente: chiunque non conoscesse il termine free software pensava che ci si riferisse al prezzo. I [veterani] dovevano allora cimentarsi nella [consueta spiegazione che recitava più o meno come segue]: “We mean free as in freedom, not free as a beer”. […] Il problema principale risiedeva nella scarsa chiarezza del termine.
Netscape e la strategia indiretta
Il 2 febbraio 1998 Eric Raymond venne a farci visita per lavorare con Netscape al piano di rilascio del codice del browser sotto una licenza free software o simile. Quella notte tenemmo un incontro nell’ufficio del Foresight di Los Santos per pensare ad una strategia e perfezionare il nostro messaggio [promozionale]. […] [Ma a quell’incontro si parlò ancora di free software o, come disse Brian [un altro dei partecipanti ndr]: source code available software. […]
Tra i vari incontri di quella settimana, ero ancora concentrata sulla necessità di trovare un nome migliore e pensai al termine open source software. Benché non fosse perfetto, mi sembrò abbastanza buono. […] Ne parlai con altre quattro persone: Eric Drexler, Mark Miller e Todd Anderson approvarono il termine mentre un amico [esperto di marketing e pubbliche relazioni] disse che il termine “open” era già stato eccessivamente utilizzato ed abusato e credeva che si potesse trovare di meglio. […] Con il senno di poi sarei dovuta semplicemente andare [a proporre il termine] ad Eric Raymond ma ai tempi non lo conoscevo bene, fu per questo che optai per una strategia indiretta.
Todd [programmatore Linux ndr] era fortemente d’accordo sulla necessità di un nuovo termine e si offrì di aiutarmi ad introdurre il termine [agli altri presenti]. Ciò fu di aiuto perché, non essendo una programmatrice, la mia influenza all’interno delle community del free software era debole.
Alcuni giorni dopo, il 5 febbraio 1998, si formò un gruppo presso il VA Research per discutere della strategia. […] L’argomento principale era la strategia promozionale, in particolare l’approccio con le compagnie. Non parlai molto ma aspettavo il momento giusto per introdurre [il nuovo termine]. Sentii che [l’approccio “tutti voi esperti dovreste iniziare ad usare il mio nuovo termine”] non avrebbe funzionato. Buona parte dei partecipanti non mi conosceva e per quanto ne sapevo avrebbero potuto non concordare sul fatto che servisse [urgentemente] un nuovo termine.
Fortunatamente Todd aveva il controllo della situazione. Invece di dichiarare che la community avesse bisogno di un nuovo e specifico termino, si affidò a qualcosa di meno diretto – una mossa intelligente [considerata] la community di individui risoluti [lì presente]. [Todd] utilizzo semplicemente il termine [open source software] durante un’altra discussione – lo tirò in mezzo per vedere cosa sarebbe successo. Andai in allerta, sperando in una qualche risposta, ma in un primo momento non ve ne furono. La discussione proseguì. […] Sembrava che solo lui [Todd ndr] ed io avessimo notato [l’introduzione del nuovo termine].
Non era così. […] Pochi minuti dopo un altro partecipante, mentre parlava di qualcosa non inerente la terminologia, utilizzò involontariamente il termine. Io e Todd ci scambiammo un rapido sguardo con la coda dell’occhio per controllare: si, avevamo notato entrambi quel che era accaduto. Ero emozionata – [il piano] poteva funzionare! Ma rimasi in silenzio: avevo sempre una scarsa “reputazione” in quel gruppo. Probabilmente qualcuno si chiedeva perché Eric mi avesse invitato al meeting.
Terminologia e successo
Verso la fine della riunione fu sollevata esplicitamente la questione della terminologia, probabilmente da Todd o Eric. Maddog [uno dei partecipanti ndr] menzionò come termine iniziale freely distributable e come nuovo termine cooperatively developed. Eric inserì in lista, come opzioni principali, free software, open source e sourceware. Todd raccomandò il modello open source ed Eric lo appoggiò. Non aggiunsi molto, lasciai a Todd ed Eric il compito di cercare consensi per il nome open source. Era chiaro che per buona parte dei partecipanti il cambio di terminologia non rappresentava la questione principale.
[…] Si trattava in ogni caso di individui chiave della community che apprezzarono il nuovo nome o comunque non sollevarono alcuna obiezione. Era un segnale molto positivo. […] Affinché il termine avesse successo, era necessario, o altamente desiderabile, che Tim O’Reilly lo accettasse ed utilizzasse attivamente nei suoi vari progetti in vece della community. […] Verso la fine di febbraio sia O’Reilly & Associates che Netscape iniziarono ad utilizzare il termine.
Successivamente ci fu un periodo in cui il termine fu promosso da Eric presso i media, da Tim presso le aziende e da entrambi presso la community di programmatori. Il termine sembrò diffondersi molto velocemente. Il 7 aprile 1998 Tim organizzò un meeting con alcuni leader del settore. Annunciò in anticipo che dal 14 di aprile il primo Freeware Summit sarebbe stato chiamato il primo Open Source Summit.
Conclusione
A questo punto il racconto si avvia alla conclusione. Il termine open source stava ormai prendendo piede e sarebbe, è possibile dirlo con il senno di poi, rimasto a lungo sulla scena. E’ interessante parlare in chiusura dell’aneddoto citato dalla Peterson.
Quando sul portale Opensource.org comparve il primo articolo dedicato alla nascita del termine open source, il nome della Peterson figurò unicamente tra quelli dei partecipanti al meeting del 5 febbraio. Il curatore dell’articolo era Eric al quale, non essendo stata svelata la versione “ufficiale” dei fatti, sfuggì il vero ideatore del termine. Fu Todd a convincere la Peterson ad agire – aveva deciso in un primo momento di non intervenire e restare in disparte. L’articolo fu prontamente aggiornato da Eric.
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